John Elkann rientra in Acea, l’associazione dei costruttori europei (presieduta da un certo Luca De Meo), e lo fa come un equilibrista perfetto, destreggiandosi tra Bruxelles e Montecitorio.
Il gigante ferito Stellantis torna nel salotto buono dell’automotive europeo, un gesto “costruttivo”, a suo dire, per definire un futuro condiviso. Ma il tempismo fa pensare più a una mossa strategica che a un atto di buona volontà: l’addio di Carlos Tavares e la pressione parlamentare in Italia imponevano una risposta rapida. Elkann chiama Lorenzo Fontana, presidente della Camera dei deputati per rassicurare il Parlamento italiano che andrà personalmente a Montecitorio, corteggia Ursula von der Leyen e visita Opel in Germania.
Un’agenda da diplomatico navigato più che da imprenditore metalmeccanico, in un momento in cui l’Europa sta per suonare il campanello dei limiti sempre più stringenti alle emissioni (2025 ndr) e la scadenza dell’elettrificazione totale si avvicina. A parole, tutto è immutato nella strategia Stellantis, ma il ritorno in Acea somiglia al classico “se non puoi batterli, unisciti a loro”.
E così, sotto il velo del “dialogo costruttivo”, Elkann appare come un giocatore molto abile: un occhio all’Europa, l’altro ai tavoli del potere italiano. Ma il “percorso comune” non nasconde l’essenziale: è sempre il mercato (che non sembra voler digerire le auto a pile), non l’idealismo del green deal, a dettare le scelte.