Transizione energetica e sviluppo dell’auto elettrica passano attraverso le attività di esplorazione e di estrazione minerarie: ecco perché, per rilanciarle, il Senato ha approvato il decreto legge sulle materie prime di interesse strategico, licenziato dal governo a fine giugno 2024, e che aveva già l’ok della Camera. Pertanto, il provvedimento è legge.
La base di partenza positiva è che l’Italia conta numerosi giacimenti di minerali, fra cui litio e cobalto, preziosissimi per batterie e full electric. L’aspetto negativo è che la maggior parte dei siti è chiusa o con attività di estrazione limitate a feldspato e fluorite. La norma introduce procedure semplificate per gli iter autorizzativi dei progetti strategici, così da soddisfare le disposizioni del Critical Raw Materials Act dell’Unione europea sui 34 minerali considerati di importanza cruciale. Sintetizzabile in quattro punti: estrazione di almeno il 10% del consumo annuo, raffinazione di minimo il 40%, riciclo di non meno del 25%, importazioni da un singolo Paese con un massimo del 65%.
A dare il via a tutto saranno due ministeri (Imprese e Ambiente). Si attingerà da un fondo nazionale da un miliardo di euro, con un nuovo sistema di diritti, e un ruolo chiave all’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che elaborerà entro il 24 maggio 2025 (aggiornandolo con cadenza quinquennale) un Programma nazionale di esplorazione sulla base di una carta mineraria nazionale.
Cosa si cerca: i minerali più richiesti
Si va dal rame nelle colline metallifere in Toscana, nell’Appennino ligure-emiliano, nelle Alpi occidentali, in Trentino, Carnia e in Sardegna, al manganese in Liguria e Toscana. Passando per il tungsteno nel Cosentino e nel Reggino, nella Sardegna orientale e settentrionale e nelle Alpi centro-orientali. E ancora, cobalto in Sardegna e Piemonte, dove c’è il deposito di Punta Corna, magnesite in Toscana, sali magnesiaci nelle Prealpi venete. Più le bauxiti nell’Appennino centrale, in Puglia e nella Nurra (SS), dove c’è la miniera di Olmedo, che contengono possibili quantitativi di terre rare. Il litio? Nelle pegmatiti dell’Isola d’Elba, del Giglio e di Vipiteno.
Restano tre problemi
C’è tuttavia poco da festeggiare. Anzitutto, l’Italia si muove con grave ritardo, con responsabilità (anche) di tutti i governi precedenti. Secondariamente, va notato come le regole fondamentali scaturiscano sempre più spesso da decreti, pensati dal governo, e non col coinvolgimento immediato del Parlamento, dove troppo di sovente si incagliano normative importanti sotto il tiro incrociato delle lobby: vedasi il disegno legge di riforma del Codice della strada, impantanato da mesi. Terzo problema, se la singola miniera è chiusa da tempo, esiste il rischio che si sia esaurita o che estrarre il minerale costi troppo rispetto al valore del minerale stesso. Senza dimenticare che potrebbe essere necessario rivolgersi a imprese e tecnologie straniere, facendo lievitare i costi.
Autore: Mr. Limone