Il marchio Abarth è ricordato come quello che lungo la sua intensa e significativa carriera produttiva e sportiva, elaborava vetture partendo sostanzialmente dalla base di modelli Fiat; corretto ma solo in parte, perché nell’arco della sua storia che arriva oggi al 75° anniversario, si nasconde anche un breve “flirt” con Alfa Romeo.
Nei primi anni Cinquanta Abarth dedicò la sua attenzione alla costruzione di componenti speciali per l’elaborazione di vetture di serie e produzione di automobili fuoriserie (da corsa e non); tutto questo aveva non solo l’obiettivo di consentire l’ingresso nel settore automobilistico ma anche di concentrare su di sé l’attenzione dei grandi costruttori, in particolare dell’allora più capace Fiat, con l’intento di iniziare collaborazioni e ricevere commesse.
Ma purtroppo la dirigenza del Lingotto guardava con una certa sufficienza la realtà di Carl Abarth, cosa che avvenne con la francese Simca (impegnata con Amedeo Gordini) e la Lancia (che nel 1952 avviò la propria Squadra Corse). L’unica che rispose fu l’Alfa Romeo: per certi versi può sembrare paradossale che un marchio già orientato allo sport cercasse un altro contributo simile all’esterno della propria struttura, ma in quel momento l’interesse di Alfa Romeo nacque dall’abbandono ufficiale dell’attività agonistica, nonostante le vittorie raccolte nelle prime edizioni 1950 e 1951 del nuovo Campionato di Formula 1. Una parte della dirigenza vide di buon occhio la possibilità di appoggiarsi ad una struttura esterna in grado di continuare ad affermare la propria presenza nelle competizioni, permettendogli al contempo di concentrare tutte le energie nel potenziamento dell’apparato produttivo utile ai nuovi modelli di grande serie.
Dalla Granturismo alla Sport
Primo frutto della particolare collaborazione si ebbe partendo dalla base dell’Alfa Romeo 1900 Super, generando la Abarth-Alfa 2000 nel 1954 caratterizzata da un disegno di carrozzeria muscoloso, massiccio, che propone una originale interpretazione del frontale nelle forme di grossa granturismo tracciate in collaborazione con la Ghia. Il motore è il quattro cilindri 1.975 cc portato a 135 CV assicurato ad un inedito telaio in lamiera d’acciaio scatolata pensato per essere utilizzato in una declinazione Sport da far gareggiare per conto dell’Alfa Romeo. Nonostante i pareri positivi raccolti presso il pubblico del XXXVI Salone di Torino, non si andò oltre l’esemplare unico causa resistenze interne all’Alfa Romeo, ancora poco convinte sulla necessità di tornare a correre ufficialmente.
Poco chiaro invece chi volle la nascita dell’Alfa Romeo 750 Competizione del 1955 che nel proprio nome tradisce la “parentela” con la Giulietta (750 era la sigla del progetto Giulietta), rappresentandone l‘ideale versione Sport. Anche in questo caso il telaio è in lamiera scatolata (simile a quello della Abarth 207/A), con motore Giulietta Sprint quattro cilindri incrementato a 1.488 cc e 145 CV e carrozzeria disegnata da Mario Boano che si avvale della consulenza di Giovanni Michelotti: la 750 Competizione è affilata, essenziale nelle forme e ben studiata dal punto di vista aerodinamico. Il fine della vettura era quello di contrapporsi nella categoria Sport 1500 alle OSCA in Mille Miglia, ma il telaio si rivelò debole per le finalità, e le modifiche di rinforzo successivamente apportate la resero abbastanza pesante da bloccarne il progetto, appoggiato dalle solite resistenze interne. Nonostante ciò, l’accordo con Alfa Romeo procede commercialmente, ad esempio attraverso la fornitura di marmitte Abarth per le Giulietta di serie.
Si sdoppia con le ”Record”
La passione di Carl Abarth per i record si materializzò nel 1957 con la Abarth-Alfa 1100 Record Pininfarina motorizzata sempre con motore Giulietta Sprint ma ridotto a 1.088 cc e 78 CV per rientrare nella categoria G. Il telaio è sempre in scatolato alleggerito mediante numerosi fori e rivestito da una carrozzeria aerodinamica disegnata dalla Pininfarina: pronta per essere esposta al Salone di Ginevra, il Presidente di Fiat Vittorio Valletta seppe cosa stava bollendo in pentola imponendo a Pinin di realizzarne una simile con il motore della Fiat 600, sulla base del grande successo riscontrato con la Fiat-Abarth 750 Record di Bertone del 1956. Così la Abarth-Alfa 1100 Record Pininfarina e l’Fiat-Abarth 750 Record Pininfarina debuttarono insieme presso lo stand Pininfarina condividendo buona parte del disegno. Ma sebbene simili, molto diversi furono i risultati in pista: la 1100 causa lo scoppio di una gomma carambolò danneggiandosi gravemente. Venne assemblata nuovamente invertendo la colorazione (ora rossa con cupola bianca), ma senza successo. Più fortunata la 750 che girando ininterrottamente dal 24 al 27 luglio 1957 stabilì 15 primati, raccogliendo ulteriori 3 record il successivo 25 ottobre.
Il canto del cigno: la 1000 GT
Ultima perla di questa avventura è l’Abarth-Alfa 1000 GT del 1958 presentata al Salone di Torino e nata dal puro desiderio di Abarth e alcuni dirigenti di Alfa Romeo (quelli che volevano tornare alle corse). Il valente tecnico Mario Colucci impostò un inedito telaio tubolare a traliccio estremamente leggero (solo 50 kg), una vera novità per gli uomini Abarth abituati allo scatolato. Da tradizione l’impiego del propulsore Giulietta Sprint ma depotenziato per raggiungere la cilindrata esatta di 998 cc e 88 CV. Il design della carrozzeria venne sviluppato da Nuccio Bertone con la riconoscibile matita di Franco Scaglione che tracciò forme originali e aerodinamiche. Anche qui, nonostante la validità e l’apprezzamento del pubblico non vide la luce, causa il contratto in esclusiva che Fiat fece firmare ad Abarth (dopo gli straordinari risultati ottenuti con la Fiat 500 a Monza) e costi di produzione troppo elevati.
Una peculiare collaborazione quella tratteggiata che, seppur mai effettivamente concretizzatasi in numeri di produzione e risultati sportivi ci ha regalato alcune della automobili più sensazionali di sempre, e che solo il connubio tra Abarth e Alfa Romeo poteva regalarci.
Autore: Federico Signorelli