La Golf è sempre la Golf? Inizia con una domanda, non banale, la prova della versione Diesel dell’eterna compatta tedesca, presentatasi tutta nuova a fine 2019 e ora già protagonista sulle strade del nostro paese.
Disponibile con svariate motorizzazioni, nonché una delle best seller del segmento C con più varianti a disposizione, tra cui la metano TGI, l’ibrido mild hybrid eTSI (o plug-in e-Hybrid), noi abbiamo scelto un motore che solo apparentemente può apparire “obsoleto”, almeno secondo alcune ottuse amministrazioni: si tratta del 2.0 TDI da 150 CV, un motore che ha fatto la storia non solo della Casa tedesca bensì dell’intero mondo dell’automobile e che qui conferma di essere, senza giri di parole, un punto di riferimento assoluto.
Sorprendente per efficienza e prestazioni, la nostra prova ha cercato di trovare pregi e difetti dell’ottava generazione della Golf di nuova generazione, non solo per quanto riguarda l’alimentazione. In allestimento Style, con un buona dotazione di serie, ecco come è andata la Golf 2.0 TDI 150 CV in questa prova su strada.
Come sempre, un occhio all’estetica, fuori e dentro la vettura. Parliamo di un’ottava generazione che non si è sicuramente stravolta rispetto alla settima ma, come sempre ci ha abituato questo modello nato negli anni ‘70, le differenze tra una generazione e l’altra si sono costruite nei semplici dettagli. Qui troviamo, ad esempio, qualche richiamo a modelli come la nuova ID.3 ma anche alla T-Roc. La mascherina è cambiata, così come sono variate le luci che in questo caso ospitano la congeniale fanaleria IQ.Light LED Performance di serie (con i fari a matrice il costo da aggiungere è 1.000 euro) dal buon aspetto estetico e dalla buona resa luminosa in condizioni di guida notturna.
Le proporzioni sono quelle di sempre, anche sulla nuova Volkswagen Golf, nonostante quei due centimetri in più in lunghezza rispetto all’altro ieri: è lunga 4,28 metri, è larga 1,75 metri ed è alta 1,46 metri. Il secondo volume si è fatto più compatto e più spigoloso ma ben si sposa in linea laterale con la gommatura da 17” (i cerchi “Ventura” di questa vettura sono in opzione, per 170 euro), mentre quando lo sguardo cade sul lato B è impossibile non notare gli scarichi finti (solo sulla R-Line sono veri), moda che sta pian piano allargandosi specie per quanto riguarda le auto dei Marchi del gruppo Volkswagen. La vernice è invece l’Atlantic Blue metallizzato (650 euro) mentre va detto che la dotazione di serie, come avrete modo di scoprire, è già molto buona.
Dentro, invece, da una parte rimango stupito per il livello della tecnologia raggiunta dal nuovo sistema di infotainment dove i tasti fisici sono stati limitati al massimo e, allo stesso tempo, in negativo, dalla troppa abbondanza di plastiche rigide, anche e soprattutto nei punti in cui l’occhio cade e non certo per caso. Da una parte l’ampio utilizzo di plastica nera lucida sulla parte alta dell’abitacolo, là dove le dita toccano e passano con frequenza e le ditate si consumano, stesso discorso per il tunnel centrale che è un trionfo di plastica dura al tatto: in una svolta improvvisa, battere il ginocchio destro sul tunnel non sarà un’esperienza troppo piacevole e, pur accettando le economie di scala e la riduzione dei costi, perchè non mettere un materiale soft touch almeno nei punti più strategici? Niente da dire sui sedili a tema “Soul” proposti di serie, ben contenitivi e regolabili, almeno lato guida, elettricamente.
La posizione di guida è infatti ottima, si trova quella più ideale in men che non si dica, così come è buona la praticità dei comandi, anche quelli sul volante (vi troverete spesso ad usare il tasto View per far comparire, ad esempio, la mappa sul quadro strumenti da 10,3”). Anche quest’ultimo si regola in altezza e profondità con una buona escursione mentre devo spezzare una lancia a favore del massaggio lombare disponibile solo sul sedile del guidatore che mi ha aiutato a trovarmi a mio agio sulle lunghe percorrenze.
A contorno dell’hazard, al centro dell’abitacolo, quattro pulsanti a sfioramento richiamano altrettante precise funzioni (sistemi di assistenza alla guida e le loro regolazioni, Park Assist, clima e modalità di guida), mentre sul profilo basso del generoso schermo centrale touch da 10,25” la temperatura si seleziona scorrendo il dito da sinistra verso destra e viceversa, funzione attuabile anche dal passeggero se non si attiva la modalità SYNC che imposta la stessa temperatura sui due lati. Il volume si regola allo stesso modo nella parte centrale, va solo fatta attenzione per evitare di trovarsi con le casse al massimo. Si tratta comunque di comandi intuitivi che non distraggono eccessivamente alla guida una volta presa la necessaria confidenza.
Piace, infine, il quadro strumenti digitale, dove i “classici” e forse dimenticati, quadranti di tachimetro e contagiri possono variare mostrandovi, tra le altre cose, i consumi medi, quelli istantanei, le funzioni del navigatore, l’emittente radio selezionata e tanto altro ancora. La digitalizzazione raggiunta dalla nuova Golf è evidente e, seppur siano migliorabili i comandi vocali, una volta scambiati i convenevoli (nel mio caso sono bastati pochi giorni) ci si sente davvero “avvolti” dalla tecnologia, quella dei tempi che corrono, dove un simbolo quadrato che fa tanto tablet richiama la schermata centrale e le singole icone aprono gli specifici menu, qualcosa alla quale ormai tutti, o quasi, ci siamo abituati. Ci sono anche Apple CarPlay e Android Auto e il telefono si ricarica wireless nel generoso vano davanti al tunnel centrale, dove sono presenti anche due prese USB di tipo C. Qui, il comando shift by wire che innesta la marcia del DSG (o la retromarcia) esteticamente si fa davvero poco ingombrante e, sebbene, non mi fosse piaciuto in fase di presentazione, mi sono dovuto ricredere.
Buono lo spazio del bagagliaio, con un buon 381 litri estendibili fino a 1.237 litri, con il piano di carico iniziale regolabile su due livelli così da renderlo perfettamente piano se abbattete la seconda fila. Occhio! Le versioni ibride plug-in e metano contano quasi 100 litri di capacità minima…in meno. Siamo comunque a livello delle principali concorrenti, anche considerando le diverse alimentazioni. Dietro si sta comodi in due più che in tre e grazie al clima trizona di serie su questa versione anche chi siede dietro può trovare la temperatura ideale in pochi minuti.
Prima ancora di esplorare tutte le novità che Volkswagen ha portato sulla nuova Golf, anche sul lato guida specie per quanto riguarda gli ormai onnipresenti sistemi di assistenza alla guida, lasciatemi e lasciateci tessere le “lodi” del 2.0 TDI. Dimentichiamo il Dieselgate, oggi un motore di questo tipo è letteralmente ineguagliabile in quanto a efficienza e consumi. Non c’è ibrido o elettrico che tenga. Abbiamo coperto più di 800 chilometri con la Golf a nostra disposizione e, a fine prova, non siamo andati oltre i 5,2 litri su 100 chilometri. Significa un costo al chilometro assolutamente vantaggioso ma soprattutto quella sensazione liberatoria, dopo un pieno, di sapere la quantità di strada che potrai percorrere. Qui, stiamo parlando di 860 chilometri segnati dal computer di bordo. Quale altra motorizzazione garantisce, oggi, percorrenze simili?
Certo, non si tratta di un motore fatto per correre o andare forte. La schiena è presente sì, con una robusta coppia di 360 Nm già a 1.600 giri/min ma gli 8,8 secondi per passare da 0 a 100 km/h e la velocità massima di 223 km/h non sono numeri che impressionano. Impressiona, invece, l’estrema guidabilità e versatilità di questo propulsore, sempre pronto ad assecondare la pressione sul gas. Sembra un motore, ma a tutti gli effetti lo è, studiato per rispondere a ogni esigenza. Spinge abbastanza forte in modalità Sport così come si fa del tutto lieve e quasi inesistente in autostrada, dove a medie di 130 km/h si viaggia con sbalorditivi consumi istantanei di 4,5-5,0 l/100 km. Percorrere una tangenziale a velocità di qualche decina di chilometri all’ora inferiore e vedere l’indicatore segnare qualcosa come 3,0-3,5 l/100 km non può che strapparti un sorriso. In epoca di elettrificazione, considerati soprattutto i costi all’acquisto e i costi di gestione, ribadiamo che solo un motore Diesel può regalarti queste soddisfazioni, con buona pace di chi lo ha crocifisso sull’altare del…nulla. Qui bisogna anche riconoscere il lavoro svolto a livello aerodinamico: le linee si sono fatte solo apparentemente leggermente più spigolose della 7° generazione, ma è il muso con la sua sezione frontale migliorata a fare la differenza quando si tratta di fendere l’aria.
Tornando alle sensazioni al volante della Golf Diesel e detto dell’erogazione, costante ma soprattutto decisa, piena, quella che ci si aspetta da un buon motore Diesel, non ho riscontrato problema alcuno in fase di sorpasso così come a velocità di marcia impostata, e qui aiutano i sistemi di assistenza alla guida con i quali la Golf ha fatto il pieno. A 1.500 giri/min la Golf trova già il suo stato di forma senza troppi patemi, rivelandosi ottima sia per le lunghe percorrenze, dove si apprezza anche la buona insonorizzazione interna, sia per la città, con un assetto piuttosto morbido su buche e dossi ma capace comunque di restituire una buona sensazione anche tra le curve, grazie soprattutto al multilink posteriore che la Golf monta per le versioni sopra i 150 CV e 4Motion.
In tutto questo si inserisce da attore secondario, ma neanche troppo, il cambio DSG, ormai una garanzia quando si tratta di “indovinare” il giusto rapporto. Tutto l’insieme funziona bene e non bisogna dimenticare uno sterzo non demoltiplicato ma leggero e dal giusto feedback sia per direzionalità che per progressività (11 metri il raggio di sterzata). Non siamo ai livelli di un progressivo elettronico della cugina Audi A3, che nasce sulla stessa piattaforma, ma quel leggero “vuoto al centro” può tornare utile in autostrada, che è poi uno dei terreni preferiti, da sempre, della compatta tedesca. Nulla da ridire sui freni.
La Golf riesce inoltre a tirare fuori un po’ di carattere in più, non troppo, selezionando la modalità più sportiva tra le quattro disponibili (Eco, Comfort, Sport e Individual, quest’ultima altamente personalizzabile). Veniamo, infine, ai sempre più attuali sistemi di assistenza alla guida. Se può essere un peccato non avere la telecamera posteriore di serie (costa 330 euro a prescindere dall’allestimento), il parcheggio assistito (Park Assist) è ben gestito ed è richiamabile in due passaggi (prima dal tasto accanto all’hazard, poi dalle istruzioni da seguire sullo schermo centrale), così come ottimo è il Travel Assist che regola la distanza dalla vetture che segue, anche nel traffico, mantiene la corsia (non ballando tra le linee di carreggiata ma tenendo bene la posizione centrale) e regola la velocità grazie all’Adaptive Cruise Control di cui è dotato. Qualcosa da ridire sulla guida autonoma di secondo livello poichè, se le linee a terra non sono perfettamente verniciate, la Golf accusa qualche problema nel tenere la traiettoria: in ogni caso bisogna essere sempre pronti a intervenire sul volante perchè, meglio ribadirlo, l’auto non è in grado di guidare da sola.
Ben calibrato l’intervento della frenata assistita sempre di serie, mentre come ultimo optional la vettura in prova montava il Mirror Pack con Side Assist Plus e Park Assist. Quest’ultimo, per 200 euro in più (se abbinato al cambio DSG come in questo caso) aggiunge gli specchietti retrovisori ripiegabili elettricamente, l’assistente al cambio di corsia Side Assist, l’assistente uscita parcheggio, il Rear Traffic Alert e il Park Assist.
Concentrandoci sulle motorizzazioni a gasolio proposte per la nuova Volkswagen Golf 2.0 TDI, i prezzi partono da 29.950 per la Life da 115 CV con cambio manuale, mentre l’auto protagonista di questo test drive costa 36.100 euro (Style 150 CV DSG). Un prezzo paragonabile a quello della variante ibrida plug-in e-Hybrid (38.500 euro) ma sicuramente superiore alle varianti benzina/benzina mild hybrid che partono, rispettivamente, da 26.100 euro (prezzo d’attacco della Golf 8) e da 28.800 euro. La Golf a metano, invece, costa 32.500 euro.
La versione provata, con gli optional sopra narrati, sfiora i 40.000 euro, ma con ulteriori optional il prezzo avrebbe potuto oltrepassare questo limite. Le concorrenti di Golf 2.0 TDI sono, come noto, le berline di segmento C che ancora hanno deciso di puntare su una motorizzazione a gasolio. Stiamo parlando delle varie Ford Focus, Renault Megane, Hyundai i30, Peugeot 308, BMW Serie 1, Mercedes-Benz Classe A, Mazda3, Opel Astra, Seat Leon e Skoda Scala.
Tre gli allestimenti proposti su nuova Golf, Life, Style e R-Line, la più sportiveggiante delle tre. L’equipaggiamento intermedio conta di serie su pneumatici 225/45 R17, proiettori IQ.Light LED Performance, ricezione digitale radio DAB+, ACC (Adaptive Cruise Control), Travel Assist con Lane Assist e Emergency Assist, Ambient Light, App-Connect con funzionalità wireless (CarPlay e Android Auto), climatizzatore Air Car Climatronic, differenziale autobloccante XDS, Digital Cockpit 10,25” e Radio Ready2Discover 10,25”. Il navigatore Discover Pro è purtroppo un optional che, su questo allestimento, viene 1.050 euro.
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