Negli ultimi giorni, l’America si è riscoperta piromane, con concessionari devastati e Model S ridotte a torce elettriche (letteralmente).
Il perché? Il Divino Elon, l’uomo che un giorno vende auto elettriche e l’altro si fa nominare da Trump zar della burocrazia USA, tagliando teste e budget con la delicatezza di una Tesla a guida autonoma in test. I manifestanti accusano il suo impero di rappresentare il peggio del capitalismo tecnologico. Lui, ovviamente, se la prende con la sinistra, perché nel dubbio un colpevole politico fa sempre comodo.
E mentre il procuratore generale minaccia vent’anni di carcere per i vandali —paragonandoli ai terroristi— c’è chi, come Kevin O’Leary, li definisce semplicemente idioti. E non ha tutti i torti: incendiareauto piene di telecamere non è esattamente il colpo perfetto.
Resta un dubbio: stiamo difendendo il diritto a bruciare macchine o quello di Musk a fare il bello e il cattivo tempo? Perché se la protesta è contro un sistema che divora tutto, compresa la propria forza lavoro, allora forse l’arma più efficace non è il fuoco, ma spegnere il motore—del consenso e del portafoglio.
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