Ogni volta che ci troviamo alle prese con uno scandalo nel settore auto, uno dei primi indicatori che si vanno a guardare per capire la gravità dell’accaduto è l’andamento del valore in borsa di quel marchio.
È stato così nel caso del dieselgate, nel giorno delle perquisizioni in Renault, del caso Mitsubishi sulle emissioni e anche per le gomme in Finlandia.
Accanto a dati negativi, ci sono anche quelli positivi e l’esempio emblematico, è quello di Tesla.
Dopo un “rally” terminato in aprile, il valore di Tesla a Wall Street ha toccato quota 31 miliardi di dollari, che sono equivalenti a 620.000$ per ogni vettura consegnata lo scorso anno, ovvero 52.000 auto.
Nel 2015, il valore delle azioni di Tesla è cresciuto per 125 volte facendo entrare in gioco il meccanismo delle “short sales”: vendere azioni che non si hanno in portafogli, allo scoperto, per poi rivenderle subito, puntando a ricomprare quelle azioni a un prezzo più basso.
Un meccanismo a ripetizione che ha portato Tesla ad essere tra le 10 compagnie più “shorted”.
Per gli altri “big” dell’auto, definiti big per i numeri di vendita e marchi posseduti, la situazione è diversa.
Secondo uno studio di S3 Partners, GM, che l’anno scorso ha venduto approssimativamente 10 milioni di auto, e il cui valore in borsa nel 2015 ha raggiunto i 48 miliardi di capitalizzazione, avrebbe un valore per auto venduta pari a 4.800$, 130 volte in meno rispetto a Tesla.
Certo, i numeri di vendita sono diversi, e quelli in borsa indicano una chiara sopravvalutazione di Tesla, anche nel 2020, quando Tesla, secondo i proclami, dovrebbe vendere 500.000 auto e per allora gli investitori ipotizzano che il valore delle azioni potrebbe crescere ancora, di un buon 10% annuo, giustificando così il valore attuale.
Per contro, nonostante questi numeri in borsa, Tesla brucia cassa a velocità record, complici gli investimenti necessari per garantire la produzione non solo di auto, ma anche di batterie.
Il denaro però non è sufficiente e Vilas Thompson di Vilas Capital Management, ipotizza che Tesla metterà sul mercato uno stock di azioni per finanziare l’espansione produttiva.
Secondo gli analisti di P3, invece, gli short sellers scommettono su un calo del valore di Tesla, tra 1 e 6 miliardi di dollari.
Profittevole in borsa, non nei bilanci. Per alcuni si tratta una bolla, per altri di un giusto credito nei confronti delle idee di Elon Musk, che, va detto, le sa vendere benissimo.
La sfida per Musk, sarà proprio quella di saper sfruttare questo “credito” concesso dagli investitori, e dimostrare che Tesla è realmente in grado di fare ciò che ha promesso: Produrre auto in grande quantità e in fretta.
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