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Testadoro: il ritorno di un marchio storico torinese, parte 1

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L’Italia è da sempre storicamente riconosciuta quale patria d’elezione delle auto sportive e veloci, tradizionalmente pensate per correre in pista come su strada. Tra le iconiche “supercar” di Ferrari, Lamborghini, Maserati e le granturismo di Alfa-Romeo e Lancia (rimanendo sui marchi più famosi) esisteva fino agli anni Sessanta un folto gruppo di vetture chiamate generalmente Sport costruite da abili tecnici, ingegneri ed artigiani come da improvvisati appassionati, che spopolarono in particolare dal secondo dopoguerra. Allora dobbiamo menzionare nomi più o meno conosciuti che vanno ad esempio da Stanguellini, Volpini, Ermini e Bandini fino a Giaur, Stanga oppure Testadoro: quest’ultimo è il protagonista che vi raccontiamo, marchio scomparso torinese rilevato nel 2021 da Dario Pasqualini che oltre a ricostruirne la storia ne intravede un futuro.

Nel secondo dopoguerra in un paese distrutto e privo di mezzi, la voglia di ricominciare guardando positivamente al futuro unita alla passione per i motori e per le corse, riesplose fortissima portando tantissimi aspiranti costruttori, maccanici, tecnici e piloti a correre elaborando qualsiasi tipo di vettura. Con la voglia di iniziare a gareggiare nelle corse “minori” puntando magari al sogno di posizionarsi sullo start di Targa Florio e Mille Miglia; questa voglia di fondeva con le economie disponibili per cui se all’inizio si elaboravano al meglio le vecchie FIAT 500 “Topolino” o le 1100, ben presto si affacciarono sul mercato (fiutando il nascente business) già dal 1946 i primi preparatori, che misero in commercio dei kit di elaborazione per spingere i pacati ma promettenti motori di serie, specialmente FIAT e Lancia. La storia del marchio Testadoro iniziò così, diventando nel suo piccolo uno dei protagonisti della rinascita dell’automobilismo sportivo nel secondo dopoguerra.

Nel nome di un’invenzione

testadoro

Il marchio Testadoro nacque nel 1946, e deve il suo nome alla particolare testata fusa in bronzo che le conferiva il caratteristico colore dorato. Era fornita di camere di scoppio emisferiche e valvole radiali poste in testa, impostazione al tempo riservata ai prototipi da competizione. 

La soluzione venne progettata da Arnaldo Roselli già alla fine degli anni Trenta, ingegnere di grande valore presso la Scuderia Ferrari dove, nel 1935 spiccò tra i progettisti della famigerata Alfa-Romeo 16C Bimotore, voluta da Enzo Ferrari per contrastare il predominio delle potenti Auto Union tedesche nei Grand Prix. La testata venne inizialmente pensata per la trasformazione di normali motori FIAT 1100 in propulsori da corsa per la Classe Sport 1100, ma in seguito all’incontro con Giorgio Giusti, la testata venne prodotta anche per la più popolare FIAT 500 Topolino

Giusti era un imprenditore torinese appassionato di corse e motori, che insieme a Giorgio Ambrosini fu uno degli animatori della Scuderia Subalpina fondata dal Conte Luigi della Chiesa nel 1934: Giusti, convinto della bontà dell’idea di Roselli, gli propose la produzione e commercializzazione in serie della Testadoro tramite la propria azienda, la “Casa dell’Auto di Torino” fondata nel 1946 con sede in Piazza Adriano 5, Torino. L’efficacia dell’elaborazione per la FIAT 500 Topolino consentì ai suoi produttori una maggiore diffusione del prodotto, e ai possessori un aumento della potenza unito, secondo la pubblicità dell’epoca, ad una diminuzione dei consumi. La Testadoro era disponibile in tre diverse versioni, differenti per rapporto di compressione, potenza e utilizzo: “N-Normale”, “S-Sport” e “C-Corsa”.

La prima “Sport” e la “Drin Drin”

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La prima versione della Testadoro per FIAT 500 Topolino era fusa in bronzo e portava la cilindrata del basamento originale da 569 cc e 13 CV a 660 cc e 35 CV. L’uso della lega di bronzo serviva, secondo Roselli, ad ottenere maggiore rigidità e migliore conducibilità termica, caratteristiche che avrebbero dovuto garantire maggiore affidabilità nel tempo grazie ad una riduzione delle deformazioni ad alte temperature. Già nella versione N-Normale le camere di scoppio erano perfettamente emisferiche, con le candele disposte a “V” di 90° e le candele al centro: questa soluzione permetteva una maggiore dimensione delle valvole e una migliore combustione della miscela aria/benzina. Qui le valvole (con i diametri variabili a seconda della versione) erano sempre comandate dall’albero a camme poste nel basamento originale FIAT

La “Sport” del 1947 fu la prima vettura interamente costruita a marchio Testadoro, sfruttando il telaio “Topolino” aggiornato, ribassato e vestito con una carrozzeria in alluminio di tipo “barchetta” caratterizzata dalla presenza di abbondanti prese d’aria; prese parte a diverse corse. Sempre nel 1947, Giusti realizzò una seconda barchetta con la stessa base tecnica della Sport, ma con carrozzeria Zagato che disegnò una vettura caratterizzata da un’estrema pulizia delle linee, con fari centrati carenati, doppia presa d’aria anteriore e forme molto morbide. La “Drin Drin” (il cui nome secondo Andrea Curami sembra sia dovuto al soprannome della moglie di Giusti, Andreina) vinse, secondo le cronache dell’epoca, una corsa a Montlhéry (Francia) ed ottenne numerosi buoni piazzamenti. A rendere riconoscibili le vetture Testadoro la particolare lettera “G”, l’iniziale del cognome del fondatore, disegnata mimando una veloce saetta.

Un’auto tutta nuova

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Evidentemente non soddisfatto delle doti della base tecnica Topolino e da quelle della testata, per la vettura del 1948 Giusti, volle realizzare un modello completamente suo. Meccanicamente rifuse la testata passando dal bronzo all’alluminio rendendola comunque immediatamente riconoscibile con la presenza della colorazione del coperchio valvole che riportava in rilievo le scritte “Testadoro” e “Casa dell’Auto – Torino”, abbandonò il basamento FIAT facendo progettare una nuova fusione in ghisa con tre supporti di banco, 4 cilindri in linea da 742 cc (per poter competere nella Classe 750 Sport) ed albero in acciaio al Cromo-Nickel. Questo nuovo motore sviluppava una potenza di 45 CV a 6.500 giri/min.

Per il telaio si rivolse a colui che stava rivoluzionando il mondo dei telai per vetture da corsa: Gilberto Colombo. Colombo aveva progettato e costruito il telaio della prima Ferrari della storia, la 125 S del 1947, ed era diventato il fornitore esclusivo di Enzo Ferrari. Nel contempo, Colombo produceva con il marchio “Gilco” telai tubolari in acciaio al Cromo-Molibdeno pronti per l’installazione sulle meccaniche più diffuse dell’epoca, come FIAT 500 Topolino e 1100. I telai tubolari erano accreditati di una rigidità torsionale 10 volte superiore a quella dei classici telai a longheroni in acciaio dolce usati dalle principali case costruttrici. 

Autore: Federico Signorelli

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