Mercedes-Benz ha organizzando una serie di test nelle principali città italiane, tra cui Torino, Milano, Roma e Firenze per far conoscere al grande pubblico cosa si nasconde dietro i test sulle emissioni delle auto.
Tecnicamente chiamati RDE Emission Test, essi hanno l’obiettivo di valutare le reali emissioni che le motorizzazioni di ultima generazione emettono nell’aria in condizioni di guida reale, non in condizioni di laboratorio come avveniva prima. Gli RDE Emission Test hanno visto Mercedes-Benz legarsi a Bosch con il patrocinio di CSI, società del Gruppo IMQ, organismo di verifica di conformità.
La Business Unit Automotive di CSI è, infatti, considerata uno dei principali poli di eccellenza europei nel campo della sperimentazione e testing dell’autoveicolo. CSI è l’unico test centre italiano autorizzato da Euro NCAP e da Green NCAP.
Da qui l’obiettivo di testare le auto nei grandi centri urbani, visti i frequenti, e a volte insensati, blocchi della circolazione. I test hanno lo scopo di sensibilizzare l’attenzione di istituzioni e opinione pubblica sull’importante salto tecnologico che negli ultimi anni ha visto protagoniste le motorizzazioni tradizionali (escludendo quindi le auto elettrificate), sempre più efficienti e a basso impatto ambientale. Mercedes, a titolo d’esempio, comunica che una Classe A 200 d con il suo propulsore Diesel 2.0 da 150 CV emette la stessa quantità di particolato di una Classe B 160 (1.3 benzina 109 CV) e di una Classe C 300 de EQ-Power, quest’ultima alimentata dal 2.0 Diesel plug-in Hybrid (194 CV + 122 CV del motore elettrico).
Oggi qualsiasi nuova auto deve sottoporsi ai test RDE. Tra semafori, code, rotonde e soprattutto traffico, magari a qualcuno sarà capitato di vedere una vettura della Casa tedesca con un dispositivo connesso al tubo di scarico, sul posteriore: si chiama PEMS (Portable Emission Measurement System), ed è uno strumento portatile che misura la percentuale dei principali inquinanti (Ossidi di Azoto – NOx, Numero particelle di Particolato – PN) emessi dalle automobili.
Nel caso degli RDE Emission Test, promossi da Mercedes-Benz e Bosch e condotti da CSI, sono stati misurati gli ossidi di azoto (NOx) e le polveri sottili (PN), primi imputati delle emissioni nelle nostre città. I test portati a termine hanno affrontato tre diverse tipologie di scenario.
Prendendo ad esempio la città Metropolitana di Torino, in condizioni equivalenti a quelle omologative, con oltre 200 parametri e un percorso di circa 90 minuti su strade urbane, extraurbane e autostrade, sono state misurate anche le emissioni su un ciclo prevalentemente urbano, ottenendo risultati otto volte inferiori rispetto ai limiti. Il test di Milano è stato effettuato su percorrenze esclusivamente urbane e ha anche comparato la concentrazione della massa di particolato (PM) in aspirazione con quella allo scarico. Il test nella Capitale ha, per grandi linee, ricalcato modalità e rilevazioni di quello effettuato a Milano. Per quanto riguarda i test di Firenze, si sono svolti su un percorso con ciclo prettamente urbano con il traffico tornato a livelli pre-covid.
È opportuno sottolineare che tutte le auto coinvolte nel test hanno registrato valori di emissioni nettamente inferiori ai limiti consentiti, sia in laboratorio, ma soprattutto su strada, in condizioni di guida reale. Al termine delle diverse sessioni di test, con differenti scenari di impiego nelle tre città prese in oggetto, i risultati di tutti i test effettuati sono sovrapponibili.
Tra gli elementi più interessanti emersi nel corso dei test è risultato che, i valori medi delle emissioni di ossido di azoto e del numero di particelle allo scarico del motore Diesel Euro 6d preso in oggetto, sono inferiori rispetto a quelli della vettura con alimentazione a benzina a iniezione diretta, pur rimanendo entrambe in una fascia decisamente al di sotto dei limiti. Un riscontro ben diverso rispetto a quanto si registrava con le vecchie motorizzazioni Diesel, sviluppate prima dell’avvento dei test RDE e del PEMS. In questi casi, le vetture testate su strada, facevano registrare valori reali di emissioni degli NOX molto più elevati rispetto a quelli emersi in laboratorio.
Durante il test condotto a Milano, invece, è emerso un altro fatto interessante. In situazioni molto abituali, ossia quelle in cui una macchina di ultima generazione viene preceduta da un mezzo obsoleto e molto inquinante, la prima riesce a ridurre fino a 2.000 volte la quantità di particolato agendo come vero e proprio filtro. Non possiamo definire i Diesel Euro 6d come veri e propri filtri per pulire l’aria delle città ma, con la mano sulla coscienza, certe amministrazioni dovrebbero capire quanto sia ingiusto rovinare la reputazione di questa tipologia di alimentazione.
Nel corso di tutte le sessioni di test non è mai avvenuta alcuna rigenerazione del filtro antiparticolato, che prevede la periodica combustione delle polveri accumulate al suo interno. Questo processo è erroneamente indicato come un importante picco di emissioni, ma recenti studi hanno, invece, dimostrato che, pur considerando la rigenerazione, i livelli di emissione di particolato sono inferiori, pari ad un quinto, della soglia consentita.
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