Nell’era delle scoperte “a propria insaputa”, l’ex ministra Rosy Bindi ci regala l’ultimo capitolo di questa saga tragicomica. Ospite del programma radiofonico “Un giorno da pecora”, la Bindi ha rivelato di aver scoperto che la sua banca aveva investito una piccola somma in azioni Tesla a sua insaputa. La reazione? Una vendita immediata, quasi fosse stata colta in flagrante con le mani nel barattolo delle marmellata del Divino Elon.
Poi alla domanda se avrebbe mai acquistato un’auto Tesla, Bindi ha risposto: “Assolutamente no, non ci penso proprio“.
Ma la sorpresa non finisce qui: nel suo portafoglio titoli giacevano anche investimenti in industrie belliche. Anche in questo caso, la Bindi ha prontamente liquidato le partecipazioni, mantenendo intatta la sua coerenza pacifista.
Morale della favola? Nell’Italia delle case, lauree e azioni possedute “a propria insaputa”, l’unico a non cascare mai dal pero è il portafoglio. Sempre lui, che compra e vende senza fare domande. Almeno fino a quando non arriva una telecamera a ricordargli chi è il vero proprietario.
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