La mia passione per i ‘mono’ (e quindi per i moderni Supermono) è nata nel 1968. Avevo 11 anni ed ero con mio padre a Monza, sotto la pioggia della Parabolica a vedere la mia prima gara. Non sapevo che avrei assistito a una delle cadute più memorabili della storia del Motomondiale.
Quando sentimmo arrivare la MV tre cilindri di Agostini e la Benelli ‘quattro’ di Hailwood il loro vantaggio sugli inseguitori era già abissale. Poi Hailwood cadde e per Agostini fu una passeggiata. Una delle tante, in quell’anno in cui la Honda non c’era più.
Dietro tutti gli altri piloti che, tolti pochi privilegiati sulle bicilindriche Paton e Linto, inseguivano a distanza in sella alle vetuste monocilindriche Norton e Matchless, la prima delle quali, la Norton Manx di Kel Carruthers, arrivò staccata di quattro giri, quasi otto minuti, dal ‘campionissimo’.
Per questo da allora i mono mi sono stati simpatici: rappresentavano la sfida impossibile e, insieme ai loro piloti che viaggiavano da un circuito all’altro in roulotte, l’immagine di un mondo antico. Per questo quando Emiliano mi ha telefonato per raccontarmi la storia della sua ultima Supermono mi sono fatto coinvolgere: “Sono il titolare dell’officina Lazzarini Moto a Germignaga, in provincia di Varese. Ho corso in Italia e all’estero, nell’European Supermono, ad Assen, Spa, Brno, Hockenheim”. Con la moto che vi presentiamo ha corso la stagione 2017: “Ad Assen sono arrivato sesto, poi quinto al Pannoniaring e infine un quinto e un quarto nella Roadrace di Frohburger”.
Per la sua Supermono Emiliano è partito da un telaio Honda RS250GP, su cui sono stati trapiantati il forcellone d’alluminio di provenienza Aprilia e un motore KTM Supermoto 690.
Per creare gli attacchi anteriori del motore sono state costruite due nuove bretelle fresate dal pieno e saldate al telaio. Per l’attacco posteriore del motore sono state realizzate due staffe che fungono da interfaccia per utilizzare gli attacchi originali.
Anche il forcellone ha dovuto essere adattato al nuovo impiego: è stato stretto e allungato e quindi rinforzato saldando delle piastre all’interno dei bracci. Per guidare il ramo superiore della catena, sottoposto a forti scuotimenti dalla erogazione della coppia fortemente irregolare, tipica del mono, è stato montato un esteso pattino di nylon.
Il telaietto reggisella è stato costruito ex novo utilizzando tubi e piastre di alluminio saldate prevedendo i vani per la batteria e i componenti dell’impianto elettrico. Nuovo anche il telaietto anteriore, che oltre a reggere la piastra portastrumenti reca gli attacchi per le centraline e i regolatori di tensione.
La forcella è una Showa con steli da 43 mm sulla quale si è lavorato su idraulica e molle. L’ammortizzatore posteriore e quello di sterzo sono invece della WP.
Per quanto riguarda l’impianto frenante la pompa al manubrio è una Brembo radiale 19×18, le pinze ricavate dal pieno sono a 4 pistoncini con attacco standard e i due dischi sono da 260 mm.
Il freno posteriore è costituito da una pinza Brembo ricavata dal pieno e un disco da 200 mm. La pompa a pedale è invece della Nissin.
Il serbatoio originale della benzina, in lamiera d’alluminio, è stato svuotato nella parte inferiore per dare spazio vitale alla testata, al corpo farfallato e creare il polmone per l’aspirazione delimitato lateralmente da due paratie in fibra di carbonio.
Per il motore Lazzarini ha scelto il ‘K’ Supermoto prima serie, nato di 654 cc e portato a 750 cc sostituendo l’albero con uno a corsa più lunga (84,5 mm) e alesando il cilindro fino al limite di 106 mm. “Con l’albero a camme KTM Racing e una sistemata ai condotti, al banco abbiamo rilevato 84 CV alla ruota”. I Supermono un rapporto peso/potenza estremamente favorevole e per questo offrono grandi soddisfazioni di guida.
Il cambio e la frizione sono rimasti gli originali. Nella frizione sono state sostituite le molle per avere maggior carico sui dischi mentre è stato realizzato un coperchio sul carter originale per poter sostituire i dischi più rapidamente.
Lo scarico è realizzato in acciaio mentre i terminali sono in titanio, il tutto autocostruito con Enrico Cairo. Artigianali anche i supporti delle pedale e i pedale del cambio e del freno, coi relativi leveraggi.
Per ultimo il vestito: la carenatura proviene dalla 250GP con le modifiche del caso mentre il codone artigianale è stato fatto unendo parti della RS250 e di una vecchia 125.
“Il risultato va condiviso con chi mi ha aiutato”, conclude Emiliano. “FR-Design, MT Racing, mio padre, per il supporto continuo e soprattutto durante le gare, e in particolare Enrico Cairo, che ha dedicato tanto tempo a questo progetto mettendoci passione e competenza. E infine Roberta, la mia compagna, per le foto, la pazienza e il supporto!
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