Anno, 1998, sul mercato arriva l’ Alfa Romeo 156, una delle “Alfa” più di successo nei 110 anni di storia del brand. Lei è il soggetto, nonché primadonna, di questa ottava puntata di Storie Alfa Romeo. Presentata nel 1997, divenne ben presto “Auto dell’anno” nel 1998 (titolo bissato, nel 2001, dalla sorella minore, la 147), e un milione di persone accorsero a vederla in concessionaria, decisamente altri tempi…
La 156 è la berlina con la quale Alfa Romeo inizia a intravedere la risalita dopo una prima parte di decennio (anni ‘90) non facilissimo. Anche nel mondo delle corse, la sua fama la precede: si aggiudica ben 13 titoli in 10 anni nei campionati Turismo.
Sport a parte, la 156 è stata venduta in 680.000 unità tra il 1997 e il 2005. Proprio alle sue origini, i colleghi della carta (allora solo stampata, con poche incursioni dal web) la 156 venne presentata al Centro Cultural de Belém di Lisbona. Le sue intenzioni sono chiare, da subito: creare una berlina sportiva dal DNA 100% Alfa, nonostante l’assenza della trazione posteriore che tornerà, anni dopo, con Giulia.
L’auto, in realtà, nasce per ospitare la trazione posteriore ma il tutto avanti affascina i progettisti. Già agli esordi la 1900 doveva essere la prima trazione anteriore della Casa ma passarono anni per vedere, prodotta in serie e industrializzata, la prima vera 4×2 anteriore, l’Alfasud.
Alfasud nasce “da foglio bianco” e “da prato verde”: è uno dei non frequenti casi in cui una fabbrica di automobili viene progettata e costruita per produrre uno specifico modello.
Il motore 1.2 litri “boxer” (a cilindri contrapposti) viene preferito al 4 cilindri in linea perché più basso, e più adatto a un profilo aerodinamico. L’inedito body due volumi, frutto della matita di un giovane Giorgetto Giugiaro, nasce per migliorare l’accesso al bagagliaio, che raggiunge 400 litri anche grazie alla posizione del serbatoio. Una novità che fa subito scuola.
Alfasud entra in produzione nel 1972, l’anno in cui il Marchio supera il milione di unità dalla fondazione. Da sola riuscirà quasi a eguagliare questo record, con 900.925 esemplari prodotti tra il 1972 e il 1984 (senza contare le versioni Sprint). È l’Alfa Romeo più venduta di sempre.
Nel 1986 la storia insegna che l’IRI (proprietaria di Alfa Romeo dal 1933) cede il Marchio al Gruppo Fiat e, moda degli anni ’80, nasce la cosiddetta sinergia tra i marchi, ovvero una sorta di omologazione di forme e contenuti, come sta succedendo negli ultimi anni per ragioni di costi. Pochi anni e in Alfa Romeo ci si rende conto che per rinascere serve qualcosa di diverso. Nasce, anzi rinasce, in primis, Alfa Corse, con la 155 GTA vincente nel DTM (1993) ma a livello di design già la 164 del 1987 fa intravedere il percorso che si sarebbe intrapreso negli anni successivi.
Ancora più importante è il contributo del design. La 164 del 1987, prima ammiraglia a trazione anteriore del Marchio, è firmata da Pininfarina – ma da quel momento in avanti si fa sempre più importante il ruolo del Centro Stile Alfa Romeo. Forma e sostanza, nella più classica delle formule, viaggiano di pari passo. Si arriva al 1995 e debutta la “145”, per occupare la casella “segmento C”, seguita dalla 146. Seguono le sportive GTV e Spider, realizzate in collaborazione con Pininfarina. Ma la vera svolta è con la 156.
Lo stile della 156 è un sorprendente mix di forza, innovazione e classicità. Lo scudo riprende importanza, e proietta le sue linee sul cofano. In vista frontale, i parafanghi “cadono sulle ruote” a filo carrozzeria, per comunicare robustezza e aderenza a terra. Il rapporto tra superfici vetrate e metallo è più da coupé che da berlina. Scompaiono le maniglie posteriori, integrate in modo quasi invisibile nella cornice dei finestrini, e la fiancata pulita evidenzia il profilo slanciato e dinamico della vettura. “Sembra che si muova anche quando sta ferma” commenta il designer de’ Silva.
La 156 riprende, inoltre, la ricerca cromatica che già era stata caratteristica di Carabo e Montreal. L’azzurro “Nuvola”, con i suoi riflessi iridescenti, deriva da una semplice osservazione della 8C 2900 B esposta al Museo di Arese, con una tonalità simile. A livello telaistico si ricorre a soluzioni quali il magnesio e gli acciai “tailored blank” così come sospensioni anteriori a quadrilatero alto e una grande precisione per quanto riguarda l’handling.
Sotto il cofano, sono sei i propulsori al lancio. C’è anche il ben noto V6 Busso così come i “Twin Spark”, con quattro valvole per cilindro, ma c’è anche, e questa è una novità che la consegna alla storia, il “common rail”. I giornalisti che provano le versioni 1.9 e 2.4 JTD a Lisbona rimangono a bocca aperta: per la prima volta i motori Diesel offrono prestazioni, silenziosità e comfort “da benzina”…
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