Durante la conferenza Cop26 il mondo dell’auto ha trovato il suo spazio in un accordo, non vincolante, che ha come scopo quello di bloccare la vendita globale di auto a combustione interna nel 2040. L’accordo è stato sottoscritto durante l’evento di Glasgow da molti diversi paesi come Canada, Cile, Danimarca, India, Polonia, Svezia, Turchia e Regno Unito. Questo dato tuttavia non è così importante, i paesi UE hanno già in programma di raggiungere l’obiettivo entro il 2035 e gli altri stati extra UE aderenti sono solo una piccola minoranza. Il dato più rilevante è quello delle case produttrici, la firma è arrivata da parte di Ford, General Motors, Mercedes-Benz, Jaguar-Land Rover, Volvo, Byd e Tata. Tutti grandi produttori che variano dalle grandi case americane a marchi europei premium fino ai colossi cinesi e indiani.
Anche agli occhi dei meno esperti è evidente che manchino player fondamentali come Volkswagen, Toyota, Stellantis e Renault-Nissan. Tuttavia è possibile che nel tempo decidano di aggiungersi altri nomi. Ad ogni modo i produttori aderenti si sono impegnati a non produrre e vendere auto a combustione entro il 2040 in tutto il mondo, compresi i mercati più indulgenti. Un altro aspetto da sottolineare è la mancanza di adesione da parte di Stati Uniti e Cina, le due superpotenze più inquinanti del pianeta. È utile ricordare che una delle clausole dell’accordo prevede il blocco anche dei combustibili sintetici a impatto ridotto una strada che molti governi vedono di buon occhio in particolare quello tedesco, che in fatti non ha firmato la dichiarazione.
Nel complesso la manovra tentata non sembra aver riscosso il successo sperato e, a dire il vero, il risultato è piuttosto inaspettato. Molte case automobilistiche che hanno in previsione di vendere esclusivamente auto elettriche entro pochi anni e che stanno investendo miliardi per la transizione hanno deciso di mantenere il profilo basso. La scelta non è chiara, gli investimenti sono tali che ogni produttore dovrebbe essere ben motivato a vendere il prodotto a batteria, ma evidentemente le incognite sono ancora molte. In particolare per un produttore che ha il suo core business in Europa con un target medio-alto rischia decisamente meno a firmare un accordo del genere, al contrario rischiano di più le case automobilistiche che hanno interessi verso mercati emergenti come il Brasile o il gigante bacino cinese, che proseguiranno la transizione con molta riluttanza
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