Il divieto europeo di mettere in vendita auto e mezzi commerciali leggeri a combustione interna dal 2035 è un suicidio che avvantaggia l’industria cinese a danno di quella europea. Questo è il sunto del pensiero espresso dal vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini. Il leghista ha espresso ancora una volta il suo scetticismo sul piano dell’UE.
Matteo Salvini, vice presidente del Consiglio e leader della Lega, non smette di mostrare scetticismo verso il pacchetto europeo sul clima che prevede lo stop della vendita di auto a benzina e Diesel entro il 2035. È una contrarietà che non si placa per il leghista, il quale è critico sul tagliare le emissioni inquinanti in modo da raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. A pensarla in maniera diametralmente opposta è invece il presidente della commissione Ambiente al Parlamento europeo, Pascal Canfin, il quale ha annunciato l’istituzione di un fondo di transizione per i dipendenti del settore in modo tale da mitigare le preoccupazioni condivise anche dai gruppi dei Popolari.
Gli effetti sul mercato occupazionale, infatti, sono la questione più delicata del pacchetto, sulla quale svariati politici manifestano dei dubbi. Il pacchetto europeo sul clima non è così drastico come molti lo descrivono, anzi prevede dei passaggi intermedi, come quello del 2030, anno in cui i produttori dovranno tagliare del 55% le emissioni delle nuove auto che vengono immatricolate sul mercato (per i veicoli commerciali la percentuale è ridotta la 50%). Tutte le decisioni, comunque, saranno riesaminate nel 2026 per valutare gli effetti della misura e la sostenibilità degli obiettivi a breve termine.
Ancora durezza da parte di Salvini sullo stop alla vendita di auto a benzina e Diesel entro il 2035. Il leghista ha detto:
“Mettere fuori legge gli automezzi a combustione interna dal 2035 è un suicidio che danneggia l’industria europea ed italiana e che avvantaggia solo quella cinese. Io mi domando se, dopo il Qatargate, magari a Bruxelles non emerga un Chinagate. È chiaro che significa legarsi mani e piedi all’industria cinese, si tratta di scelte economiche assolutamente suicide”.
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