Non ci sono dubbi. Molti avranno dimenticato questa piccola “follia” figlia della Smart prima serie. Ma certamente quando venne lanciata, prima in veste di concept al Salone di Ginevra del 2001 e poi definitiva nel 2002, non lasciò indifferenti. Anzi, è probabile che una parte l’abbia considerata un “obbrobrio” mentre l’altra l’ha adorata carpendone il senso.
Era il 1998 quando la MCC Smart venne presentata al Salone di Ginevra come frutto dell’iniziale collaborazione tra Swatch e Mercedes-Benz; difatti Smart sta per Swatch-Mercedes ART. Entrambe le realtà per quanto diverse si incontrarono nell’interesse comune che consisteva nel lanciare sul mercato una piccolissima vettura da città ridotta al minimo, semplice, giocosa e che sapesse interpretare un nuovo bisogno-concetto di mobilità, oltre che un innovativo modo di pensare l’automobile.
Ciò doveva avvenire senza venderla direttamente come Mercedes o Swatch, per cui si fondò il marchio MCC che in seguito acquisì le quote della Swatch portando la casa di Stoccarda a diventarne unico proprietario. È corretto ricordare che proprio Mercedes-benz inseguiva l’idea della citycar dal 1972 per poi riprenderla a più riprese. Inoltre nello stesso 1998 presentò la prima generazione della Classe A, a riprova dell’interesse nella ricerca di un nuovo approccio all’idea di automobile (oltre che di lusso in questo caso).
Inizialmente la Smart si pose come automobile di medio costo, caratterizzata da una cellula di sicurezza (la famosa Tridion che ne diventò firma estetica) in grado di renderla una vera auto, e da una carrozzeria in pannelli plastici intercambiabili utili ad abbassarne i costi, aumentarne la leggerezza e consentirne una facile riparazione tramite la semplice sostituzione in caso di urti cittadini. In più era messa a disposizione degli acquirenti la possibilità di cambiare colore dell’auto comprando a parte i pannelli sostitutivi. Ciò configurava la possibilità di avere un’alta personalizzazione, che avveniva anche in alcuni rivestimenti degli interni contraddistinti dalle stesse forme giocose e semplici che si riscontravano all’esterno. Il motore è in posizione posteriore, al lancio un tre cilindri da 600 cc turbo-benzina con 54 cv. Nel 1999 viene offerto anche il turbo-Diesel Common Rail da 800 cc e 41 cv seguita dall’inedita versione scoperta Cabrio.
La Smart fu certamente una scommessa non scontata da vincere, ma così fu, arrivando fino ai giorni nostri in una veste certamente diversa e dai fini anch’essi differenti, ma con un seguito mai scalfito.
Proprio sulla scia di questo successo e dai fini che hanno portato alla nascita del progetto, nel 2001 viene mostrata l’irriverente Smart Crossblade.
Chiariamo subito che la Smart Crossblade non nasce come modello di grande serie, ma come proposta capace di enfatizzare il concetto dietro l’idea della Smart attraverso una spiazzante versione nata per i luoghi di vacanza, meglio se vicini al mare.
Possiamo inserirla nella categoria delle “spiaggine” auto che specialmente in Italia tra la fine degli anni Cinquanta e la prima metà degli anni Sessanta spopolavano nelle località balneari e tra i personaggi del jet-set internazionale. Basate principalmente sui modelli della famiglia Fiat 500 e 600 erano ridotte al minimo, ma essendo vestite dai più capaci carrozzieri del tempo come ad esempio Viotti, Pininfarina e Vignale erano rifinite di tutto punto diventando dei veri gioielli.
La Crossblade reinterpreta in qualche modo questo concetto in una chiave più contemporanea che non disdegna gli spostamenti cittadini, a patto che splenda certamente il sole. Pur essendo sviluppata sul telaio della versione Cabrio abbandona completamente tetto, parabrezza (sostituito con un piccolo deflettore in plexiglass) e portiere, queste ultime sostituite da due barre con bordo superiore imbottito (per poggiare il braccio come da buona pratica in una vettura scoperta) che si sollevano in avanti; per questo gli interni diventano impermeabili. Gli archi passaruota sono parzialmente aperti donandogli un piglio quasi motociclistico, specialmente all’anteriore; grazie alle modifiche la Crossblade sfoggia un disegno ed una personalità unica, inconfondibile.
La meccanica impiegata è quella della versione potenziata proposta dalla Brabus che porta il piccolo 600 cc a 70 cv con uno scatto da 0 a 100 Km/h in 17 secondi e 135 km/h di velocità massima, governati dal cambio sequenziale Softouch a 6 rapporti e dai bei cerchi 16 pollici a tre razze in grigio scuro opacizzato. Ovviamente non è pensata per la pista ma la guida si rivela estremamente divertente, quasi in stile go-kart (pesa solo 726 kg): forse è proprio per questo che tra le raccomandazioni c’è quella di guidarla con il casco.
Prodotta in soli 2.000 esemplari di calore nero e cellula Tridion in grigio scuro opaco al costo di 20.000 Euro ciascuno, va praticamente a ruba ed oggi è una vera rarità, entrata a far parte di molti dei più grandi musei dell’automobili al mondo, come ad esempio il prestigioso Petersen Automotive Museum in California. Come disse Hartmut Sinkwitz, allora direttore del design Smart: “La vita è già abbastanza seria, Smart rappresenta, come marchio, la piattaforma ideale per la sperimentazione”.
Autore: Federico Signorelli
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