Eh sì, credenti o non credenti, mettetevi d’accordo: il paradiso esiste. Sei Lancia Martini Racing, le più gloriose di sempre, perfettamente funzionanti, sono state presentate all’ultimo Palm Beach Cavallino Classic.
Sei auto appartenute al collezionista americano John Campion, grande appassionato di auto italiane, di quelle che contano. Ovviamente tutto ha un prezzo, anche queste vecchie glorie che farebbero felice anche il meno esperto dei collezionisti: si parla di 7 milioni di euro.
Sei vetture che, tutte assieme, rappresentano un patrimonio storico non solo per la Lancia dei tempi che furono ma per pagine importanti del grande libro del motorsport, nello specifico rally e gare endurance, quando i prototipi italiani dominavano la scena nel mondiale marche.
Vediamo, nel dettaglio, la storia di ognuno di questi sei modelli, prima i propotipi poi le Lancia Martini Racing che hanno segnato un’era nel mondo dei rally.
La Lancia Beta Montecarlo Turbo di Gruppo 5 venne presentata nel 1975 per sostituire la pluri vittoriosa Stratos Turbo nelle gare su pista. Fu una Beta Montecarlo Turbo a vincere il Mondiale Marche del 1980, poi ripetuto nel 1981 contro le Porsche 935. Fu proprio a bordo di una Beta Montecarlo che Riccardo Patrese si pose in luce all’inizio della sua carriera in F1, durata poi fino al 1993.
Dopo i due anni di successi con la Beta Montecarlo, l’epopea Lancia nelle corse su pista continua con la LC1. Quattro esemplari per una F1 a ruote coperte, tanto che la carrozzeria, se così si può chiamare, pesava solo 55 chilogrammi, grazie all’utilizzo di materiali di derivazione aerospaziale. Venne progettata da Dallara e curata nella galleria del vento di Fiat, a Orbassano.
Basti pensare che la LC1 nacque in due versioni: a muso concavo e a muso convesso, per adattarsi meglio ai circuiti lenti, o veloci, sui quali si rese protagonista. Appartenente al Gruppo 6, ci fu un tentativo di trasformazione, dal 1983, in Gruppo C, ma gli scarsi risultati convinsero Lancia a riportare i tre esemplari esistenti (uno venne distrutto in un incidente) allo stato originale. Per la gioia dei collezionisti…
La Lancia LC2 nacque, nel 1983, attorno al regolamento Gruppo C, con carrozzeria chiusa coupé. Vista la poca competitività della LC1, specie a causa del motore sottodimensionato, in Lancia, sotto la direzione di Cesare Fiorio, decidono di fare le cose per bene e creano questo capolavoro su quattro ruote, ancora più bello grazie alla classica livrea Martini Racing.
La vettura finita in asta è la n.001 e corse per tre stagioni: sotto la sua carrozzeria un V8 di origine Ferrari che Lancia modificò (grazie ad Abarth), abbassando la cilindrata a 2,6 litri ma aggiungendo due turbocompressori. A partire dalla 1.000 km di Monza del 1984, la cubatura raggiunse i 3 litri.
Vietate per regolamento, la LC2 rinunciò alle minigonne, ancora presenti sulla LC1, per sposare una nuova filosofia che incrementò notevolmente l’effetto suolo. L’affidabilità frenò i sogni di gloria, specie a Le Mans, dove nulla si potè contro l’armata Porsche: il miglior piazzamento fu nel 1985.
Dopo i successi negli anni ’70 con la Stratos, ma con l’altrettanto nota livrea tricolore (Alitalia), gli anni ’80 di Lancia nei rally sono segnati da altrettanti successi e dalla presenza della livrea Martini. Ecco i modelli della collezioni di John Campion, affiancati dai prototipi nella foto di copertina.
Prima delle Delta, fu la 037 Rally Evo 2 di Gruppo B a portare in alto Lancia nelle corse, parallelamente all’impegno su pista. Dal 1983 al 1985, la 037 vinse tre titoli europei e fu anche l’ultima Lancia da rally, a trazione posteriore, a vincere prima dell’avvento delle trazioni integrali. Su ventidue vetture costruite per questo scopo, la 037 finita all’asta è la n. 11.
La Delta S4 ha rappresentato, a detta di molti, se non di tutti, il vertice, in termini di prestazioni, raggiunto negli anni di impegno diretto di Lancia nei rally mondiali. La concorrenza con Audi e Peugeot impose lo sforzo massimo ai tecnici italiani, capaci di produrre una belva che ancora oggi f impressione. Il motore, doppio turbo (S sta per sovralimentazione, con il famoso volumetrico di origine Abarth in funzione solo ai bassi regimi), quattro ruote motrici (4 per trazione integrale) e 130 CV in più rispetto alla 037 di cui sopra che, con la sola trazione posteriore, divenne obsoleta per competere ai massimi livelli.
Tristemente nota per l’incidente che tolse la vita a Henri Toivonen e Sergio Cresto al Tour de Corse 1986, la Delta S4 viene ricordata come una delle auto da competizione da rally più estrema che abbia mai solcato le prove speciali sul globo terracqueo.
Con la dismissione del Gruppo B, Lancia si trovò costretta a mettere in gara una vettura meno estrema e più vicina alla produzione di serie. Nacque così un’auto destinata, a sua volta, a scrivere pagine di storia con Miki Biasion, campione del mondo 1988 e ’89, e con Juha Kankkunen, campione nel 1991.
Rispetto alla HF, campionessa nel 1987, vennero migliorati alcuni aspetti della meccanica e anche estetici, che la resero subito distinguibile agli occhi degli appassionati.
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