Da qualche giorno, l’Agenzia delle Entrate ed Exor hanno finalmente trovato un accordo in merito alla complessa contestazione in materia fiscale, con particolare riferimento al rispetto della Exit Tax. La contestazione riguarda la società di diritto italiano, holding della famiglia Agnelli, la quale nel dicembre del 2016 si era fusa con la sua controllata olandese Exor Holding N.V. dando origine all’odierna Exor che ha sede in Olanda. Nel dettaglio Exor pagherà 746 milioni di euro, di cui 104 a titolo di interessi, 203 milioni di interessi dalla Giovanni Agnelli BV, per un totale di 949 milioni.
La somma di 949 milioni di euro che verserà Exor fa sì che si tratti del secondo accertamento con adesioni più grade in Italia. Il primato appartiene a Kering, la quale versò 1,2 miliardi nel 2019. La contestazione nei confronti di Exor è partita quando nel 2016, dopo la fusione, venne scelto di applicare il regime di participation exemption (cosiddetta “Pex”) di cui all’Art. 87 del Testo Unico delle imposte sui redditi. In base a questo regime, le plusvalenze sul valore di tali partecipazioni erano state esentate e dunque escluse dal reddito imponibile ai fini della determinazione della Exit Tax nella misura del 95% del loro ammontare.
Qualche mese fa, precisamente nel maggio del 2021 l’Agenzia delle Entrate ha etichettato la “Pex” come inapplicabile nei casi in cui una holding trasferisca la sua residenza fiscale all’estero senza mantenere una stabile organizzazione in Italia. È così sorta una complessa questione interpretativa riguardante l’applicazione della normativa “Pex” sull’operazione del 2016 per effetto del Principio di diritto pubblicato nel 2021. A tal proposito, Exor ha esternato le sue impressioni a riguardo con una nota nella quale si legge: “Exor resta convinta di aver operato secondo le regole. Tuttavia, al fine di evitare tempi e costi di un rilevante contenzioso fiscale, la società ha deciso di sottoscrivere un accordo transattivo con l’Agenzia delle Entrate, che comporta il pagamento di 746 milioni di euro, di cui 104 per interessi. La sottoscrizione dell’accordo non comporta né può essere interpretata come un’accettazione – né tantomeno una condivisione, neppure parziale – delle tesi sostenute a posteriori dall’Agenzia delle Entrate”.
Tutto prese il via nel lontanissimo 1927, quando l’avvocato Agnelli diede vita all’Ifi (Istituto Finanziario Industriale), una holding che assommava tutte le partecipazioni di Gianni Agnelli in Fiat, Juventus ed altri tipi di settori. La società acquistò nel 1947 l’Istituto Commerciale Laniero Italiano e, dopo aver ceduto la Banca Subalpina, si trasformò in Ifil (Istituto Finanziario Italiano Laniero). Nel 2003 Umberto Agnelli la trasformò in Ifil Investments, a cui furono trasferite le partecipazioni dell’Ifi, tranne quella della società francese Exor Group comprata nel 1991. Un quinquennio dopo, Ifi ed Ifil si fusero e la nuova società divenne Exor S.p.A. A monte di Exor oggi c’è John Elkann grazie alla Giovanni Agnelli Bv, con il 53% delle quote.
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