Concludiamo con questo quinto e ultimo appuntamento la piccola serie di articoli che hanno ripercorso alcuni dei più affascinanti e innovativi concept dello studio Fioravanti S.r.l., realtà fondata dall’ingegnere Leonardo Fioravanti che dal 1991 si pose in grado di progettare in autonomia automobili, seguendone per intero il processo di design. Grazie al prezioso aiuto di uno dei suoi designer e modellisti Nicolò Azzara, conosciamo più da vicino la genesi e i perché di queste inventive, curiose e straordinarie automobili.
Nel 2007 vide la luce il curioso modello chiamato Fioravanti Thalìa disegnato dal designer Boris Fabris, che già nel nome sintetizza gran parte dei suoi obiettivi: “Thalìa” è una parola dialettale siciliana che sta per “guarda”, difatti il modello vide la luce con l’idea di gettare uno sguardo verso il futuro affrontando le nuove sfide ambientali e le fonti energetiche alternative, coniugando innovazione ed eleganza.
Il particolare profilo da station wagon/shooting break è determinato da due scelte, una tecnica e l’altra tipologica: l’adozione della propulsione ad idrogeno (e quindi delle bombole per lo stoccaggio) ha portato a sollevare la seduta posteriore di 30 cm, soluzione eventualmente utile anche in caso di trazione elettrica. Queste grandi masse furono così volutamente disposte in quanto collocate in un’area ben protetta della vettura, al sicuro da urti e in posizione utile all’abbassamento del baricentro migliorando così la maneggevolezza dell’auto.
Dal punto di vista dell’innovazione tipologica invece, tale soluzione risolse il problema della scarsa visibilità per i passeggeri posteriori, che adesso possono godere di una visuale libera (anche qui, torna il guardare lontano). Nonostante il salto di volume, il design generale si mantiene abbastanza filante e dinamico, spinto da giochi cromatici a contrasto e da una intelligente resa ritmica dei finestrini; alleggeriscono e dinamizzano la figura, il particolare gomito nella zona posteriore della fiancata che spinge il disegno della vettura, lo spoiler e il generale gioco di linee che si rincorrono e incrociano in fiancata disponendo i volumi. Nella parte anteriore troviamo i lunghi e sottili fari che al posteriore vengono sostituiti da un’unico particolare fanale a boomerang in posizione centrale.
Vettura che derivò nel design come nella tecnologia di propulsione dalla Thalìa fu la Fioravanti Hidra, sempre disegnata da Boris Fabris e nata proprio sacrificando la proposta precedente. Presentata nel 2008 al Salone dell’Auto di Ginevra, è il modello del ventesimo anno di attività, e continuò la ricerca su nuove architetture e fonti alternative di propulsione.
Rispetto alla Thalìa mantenne la carrozzeria “wagon”, resa ancora più filante dall’assenza del rialzo al posteriore, da una silhouette più pulita dal punto di vista del modellato, dall’uso intelligente del bicolore per snellirne il profilo e proseguì la sperimentazione sulla propulsione a idrogeno, dove i serbatoi di fuel cells sono adesso sistemati all’interno della trave centrale che costituisce il telaio (ottenendo baricentro basso in zona più protetta in caso di urti). Ma fece anche un salto in avanti, riorganizzando il tutto nella proposta di un veicolo sportivo multifunzionale detto M.P.C. (Multi Purpose Coupè) con cinque porte e quattro posti; la novità più evidente risiede però in un inedito mix di innovazioni tecniche.
Il nome Hidra (il mostro marino mitologico) fa riferimento all’acqua, che qui diventa l’elemento cardine dell’intero progetto, in quanto non solo si ricollega alla propulsione ad idrogeno (estratto da acqua pesante), ma anche dalla tecnologia “Geyser” brevettata da Leonardo Fioravanti, che consisteva in un nuovo sistema per detergere le superfici trasparenti in ogni condizione senza più la necessità dei tergicristalli. In corrispondenza del perimetro del parabrezza (reso evidente attraverso una grande H) e del lunotto sono posizionati una serie di ugelli inseriti in elementi co-stampati col vetro, che alternativamente e/o contemporaneamente spruzzano acqua e aria.
Di particolare rilievo anche l’illuminazione dei fari, a Led all’anteriore come al posteriore (anche se nascosti lungo i bordi dei grandi montanti C che fungono anche da punto di distacco dei flussi aerodinamici) e Oled per quello orizzontale a tutta larghezza.
La Fioravanti LF1 è un prototipo di studio presentato nel 2009 al Salone dell’Auto di Ginevra, un progetto nel quale non solo si incontrarono le conoscenze aerodinamiche e strutturali della Fioravanti, ma anche quelle di altre tre grandi aziende da sempre impegnate nella ricerca e sviluppo di soluzioni nel campo della Formula 1: Pirelli, Magneti Marelli e Brembo.
La proposta venne definita integralmente da Leonardo Fioravanti e si pose in chiaro contrasto con le specifiche allora vigenti nella massima serie automobilistica con lo scopo di innovare in una direzione inedita le vetture del Circus, secondo una serie di ragionamenti radicalmente diversi.
La LF1 è ispirata alla forma aerodinamica ottimale ipotizzata dall’Ing. Alberto Morelli, utile ad ottenere un corpo vettura in grado di richiedere minore energia possibile per avanzare, a parità di velocità, minore consumo, minor peso e minore potenza necessaria. La forza deportante generata dal fondo della vettura venne ripensata nell’ottica di favorire più scorrevolezza senza sacrificare l’handling, in modo tale da ridare peso anche al talento dei piloti. A questo scopo, quello che comunemente nelle monoposto è il fondo piatto realizzato come un‘unica grande tavola a copiare quasi l’intera pianta centrale della vettura, in LF1 venne ripensato puntando ad una tripartizione dei corpi della carrozzeria, con quello centrale come una carlinga e i due cassoni laterali come corpi separati, legati alla parte centrale mediante profili ad hoc con sezione alare, riducendo il fondo vero e proprio sostanzialmente allo scivolo estrattore.
Al posteriore venne eliminato l’alettone posteriore perché, oltre a schiacciare positivamente la vettura al suolo, provoca solitamente il cosiddetto effetto scia durante le competizioni, ovvero quel fenomeno che l’alettone tende a generare dietro di sé attraverso una turbolenza aerodinamica tale da disturbare la vettura che segue, anche se questa si trova ad una certa distanza. Questo rende difficoltose anche le manovre di sorpasso, ovvero uno dei momenti più entusiasmanti di un GP. Il corpo vettura di LF1 fu di rottura rispetto a quello delle normali monoposto di Formula 1: caratterizzato da un profilo estremamente snello che consente di fendere meglio l’aria durante la gara e di spostarsi più velocemente, ma soprattutto di generare un marcato effetto suolo tale da compensare quello che normalmente si avrebbe con un alettone.
La Fioravanti LF1 è poi dotata di un alettone anteriore regolabile dal pilota, così come regolabili sono anche i flap posteriori; con l’obiettivo di un’ulteriore ottimizzazione aerodinamica, le sospensioni presentano braccetti carenati e le ruote sono parzialmente carenate.In questa carrellata a puntate abbiamo potuto viaggiare attraverso il lavoro propositivo di un’azienda, un progettista e del suo team di designer capaci di rendere possibile oggi il domani dell’automobile.
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