Clima surriscaldato in Germania, con l’automotive che ribolle: il Gruppo Volkswagen, è ormai notizia delle scorse ore, ha rescisso il contratto di salvaguardia con il potentissimo sindacato IG Metall.
In sintesi, l’accordo prevedeva in modo chiaro ed esplicito la salvaguardia dei posti di lavoro e delle fabbriche tedesche fino al 2029. Pertanto, è facile dedurre che la mossa Volkswagen è solo l’anticipo, nonché la conferma, che i licenziamenti sono ormai prossimi; in parallelo risulta ancora più probabile la chiusura di due fra numerosi stabilimenti. È una mossa storica, che non ha precedenti, nei rapporti fra VW e sindacato teutonico dei metalmeccanici. In più, IG Metall ha ricevuto dal costruttore di Wolfsburg la lettera di disdetta di altri contratti collettivi. La rescissione univoca, inoltre, implica costi aggiuntivi per un miliardo di euro: salari più alti in base ai precedenti patti di contrattazione collettiva.
Ad andare male è proprio il Marchio VW. Oliver Blume, CEO del Gruppo, è perentorio: “La situazione del brand è così grave che non si può lasciare che tutto continui come prima”. Tuttavia, non si è sbilanciato in fatto di numeri, senza di fatto indicare l’entità della sforbiciata. Restano in bilico, in attesa di conferme, almeno 300.000 addetti tedeschi.
Governo e rappresentanti dei lavoratori sono preoccupatissimi e temono il peggio: Volkswagen non ha più vincoli di nessun genere e può armeggiare le forbici per tagliare. Il responsabile delle risorse umane, Gunnar Kilian, evidenzia che l’azienda è stata costretta a rescindere i contratti a causa della profonda crisi: elettriche che non si vendono, offerta superiore alla domanda, concorrenza cinese e orientale fortissima, immatricolazioni nello stesso Paese del Dragone in calo. Ma anche costi elevatissimi per sviluppare le full electric, ritardi continui in fatto di software. E poi assenza di incentivi statali (da parte di tutti i governi UE) e rete di ricarica insoddisfacente.
È una sorta di conto alla rovescia verso l’incubo. L’accordo stracciato scadrà a fine 2024. Dopo sei mesi, pertanto da giugno 2025, il colosso germanico azionerà la forbice. Poi, addio alle garanzie per i tirocinanti e per i contratti di lavoro temporaneo. Chissà, forse sarà possibile trovare un secondo accordo da metà dell’anno prossimo, ma è prematuro: i sindacati tedeschi intendono scatenare la controffensiva, con scioperi di massa.
Il colosso tedesco avrà le mani libere del tutto? La partita non ha un esito così scontato. Metà dei seggi nel consiglio di sorveglianza dell’azienda sono presidiati da rappresentanti dei lavoratori. Potrebbe essere decisivo lo Stato della Bassa Sassonia, col suo 20%. In quanto al futuro elettrico, Wolfsburg ha fatot una doppia scommessa: l’alleanza con la startup Usa Rivian e lo sviluppo di batterie allo stato solido di Quantum Scape.
Nel mentre, i cinesi si scatenano studiando nuove tecnologie per le ibride plug-in e per le full electric, BYD insegna. Sullo sfondo, la Germania che prima o poi cambierà strategia all’interno dell’Unione Europea: se il risultato del bando termico 2035 è questo, Berlino potrebbe sconvolgere i piani dei Verdi di Bruxelles, con una precipitosa retromarcia verso il termico, settore dove produttori e indotto tedeschi primeggiavano, favorendo piena occupazione e pace sociale.
Autore: Mr. Limone
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