E se l’elettrico non fosse la panacea di tutti i mali? Iniziano ad emergere con sempre più insistenza (l’esempio portato da Mazda è lampante) i biocarburanti e molto interessante sta diventando il discorso attorno agli eco-fuel derivati da materiale biologico di scarto, banalmente rifiuti organici o legna proveniente da eventi meteorologici catastrofici o, ancora, scarti dell’agroindustria.
Questo rappresenta il fulcro del nuovo progetto sui biocarburanti NET-Fuels, finanziato dall’Unione Europea con quasi 48.000.000 euro per i progetti previsti dal bando Horizon Europe e portato avanti da un’eccellenza italiana come l’Università di Bologna in collaborazione con l’organizzazione Franunhofer Institute. L’iniziativa è stata presentata recentemente a Ravenna e si propone di studiare e sperimentare modalità per ottenere carburati da scarti biologici: attraverso una serie di tecnologie avanzate verranno prodotti idrogeno, metano e biocarburanti, mentre, tramite l’utilizzo della parte carboniosa si effettuerà il sequestro di CO2.
“Increasing biomass conversion efficiency to carbon-negative sustainable biofuels by combination of thermal and bio-electrochemical processes”, questo il lungo e complesso nome del progetto che avrà l’arduo compito di offrire soluzioni alternative ai carburanti tradizionali attraverso l’utilizzo di scarti di tipo biologico. Il procedimento avverrà attraverso una catena sostenibile, senza che vengano impiegate nuovi fonti fossili.
Il progetto rappresenterà un approccio multidisciplinare, pianificando interazioni tra esperti provenienti da differenti campi tecnici e ingegneristici, ma anche dall’analisi del ciclo di vita, del marketing e degli aspetti economico-sociali, in collaborazione con il prof. Brightman del Dipartimento di Beni Culturali dell’Alma Mater, al Campus di Ravenna. Nel progetto è stato preso anche l’impegno con i cittadini, la società civile e gli utenti finali tramite un comitato consultivo esterno al fine di decretare l’utilizzo di questi biocarburanti.
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