Il nome “Prince Motor Company” non dirà molto al pubblico italiano, eppure per alcuni decenni è stato non solo il principale Marchio giapponese dedicato alle vetture di lusso, ma anche quello che lanciò la prima Sport Prototipo del Giappone: la Prince R380-I nel 1965.
Prince Motor Company fu una marchio automobilistico giapponese attivo dal 1947 al 1966 e frutto della fusione di due realtà, la “Tachikawa Aircraft Company” e la “Nakajima Aircraft Company” entrambe produttrici di aerei durante il secondo conflitto mondiale.
Dopo la guerra, al Giappone uscito sconfitto e distrutto venne proibita praticamente qualsivoglia tipologia di produzione che non fosse controllata o promossa dal governo statunitense a partire dall’agosto 1945; tale norma venne revocata nel novembre 1949 consentendo alla Tachikawa Aircraft di ricostituirsi come “New Tachikawa Aircraft Company Ltd.”.
Alcuni anni prima, nel 1947, venne costituito un ramo aziendale autonomo promosso dagli USA dal nome di “Tokyo Electric Car Company” specializzato nella produzione di piccole vetture elettriche (sola energia facilmente disponibile in quel momento), con l’obiettivo di motorizzare la ricostruzione del paese: divenuta nel frattempo “Tama Electric Car Company” produsse la piccola Tama E4S-47-I.
Questo ramo aziendale è di fatto quello che diede i natali al marchio automobilistico “Prince”, nome voluto nel 1952 in onore dell’investitura del principe Akihito. In questi anni avviene l’incontro con la Nakajima Aircraft Company: soggetta anch’essa a dinamiche simili a quelle della Tachigawa Aircraft vi si unì nel 1953 formando la “Fuji Precision Industries” (poi rinominata nuovamente Prince), ma lasciando una sua emanazione in completa autonomia con il nome di “Fuji Heavy Industries”, quella che dal 1954 produrrà automobili sotto il nome di Subaru. Il fine della Prince Motor Company è quello di produrre automobili di alta gamma caratterizzate da lusso e qualità.
Il primo modello fu la Prince Sedan del 1953, una piccola berlina dallo stile un pò britannico codificata come AISH-2: fino al 1961, Prince utilizzò per ogni modello un codice di quattro lettere dove la prima identificava il motore (A per 1500 cc e B per 1900 cc), la seconda il modello di telaio, la terza il tipo di carrozzeria (S per berlina, V per station wagon e così via) e la quarta per l’ordine di produzione. A queste lettere se ne aggiungeva spesso una quinta che identificava l’allestimento del modello (S per standard e D per deluxe) insieme ad un numero per restyling o nuovo modello.
Le Prince diventano in poco tempo simbolo di uno status e scelte dalle cariche politiche e reali, con modelli come la Skyline (ALSIS-1) del 1957 disponibile anche in versione station wagon Skyway (ALVG-1) dallo stile tipicamente statunitense. Ma tra influenze inglesi e americane, l’Italia si fa avanti con quel capolavoro che è la Prince Skyline Sports Coupe (BLRA-3) disegnata da Giovanni Michelotti nel 1961. In breve tempo il marchio alza progressivamente il tiro con la Gloria del 1962 considerata “l’ideale dell’auto di lusso giapponese”, la Skyline 1500 del 1964 e l’affascinante prototipo sportivo Prince Sprint 1900 per mano di Franco Scaglione.
Ma tra queste auto di lusso iniziò a farsi spazio la voglia di prestazioni, con primo risultato la derivazione da corsa della Gloria Super 6 con motore 6 cilindri in linea da 1.988 cc e 105 CV, portati a 142 CV: vinse il “Gran Premio del Giappone T-VI Race” nel 1964 vincendone il relativo campionato. Lo stesso anno scese in pista la derivazione della Prince Skyline 1500 al “Gran Premio del Giappone GT-II Race” che si piazzò al secondo posto dopo una Porsche 904 Carrera GTS: rinominata Skyline GT ospitava un 6 cilindri in linea da 1.988 cc e 150 CV, portato sul mercato in una versione stradale chiamata 2000GT nel 1965.
Proprio l’essere stati battuti da quella Porsche porterà alla nascita della Prince R380-I, alla quale si ispirerà chiaramente. Con l’intenzione di portarla in pista il prima possibile, l’ingegnere Shinichiro Sakurai parte dal rivisto telaio a motore centrale posteriore della Brabham BT-8 nel quale inserisce un nuovo e compatto motore 6 cilindri in linea (GR-8) da 1.996 cc, 24 valvole, tre carburatori Weber 45 DCOE per un totale di 200 CV, avvolti in una leggera carrozzeria in alluminio.
Completata nel 1965 la R380-I non riesce a correre al G.P. giapponese, per quell’anno sospeso, ma nel 1966 al Fuji Speedway si prepara a battagliare contro la nuova e più potente Porsche 906 Carrera 6 (6 cilindri boxer da 1.991 cc e 220 CV), più potente e leggera della R380-I (contro 620 kg contro 580 kg). Nonostante sembri sfavorita la prima Sport Prototipo giapponese vince con Yoshikazu Sunako, piazzandosi anche al secondo posto con Hideo Oishi; al terzo arriverà un’altra giapponese, la Toyota 2000GT. Nel 1966 Prince viene assorbito da Nissan, ma il prezioso DNA della R380-I non si estinguerà confluendo nella Nissan R380-II.
Autore: Federico Signorelli
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