Quando un’auto sportiva è prodotta ininterrottamente per quasi 60 anni, quando diventa un’icona globale, quando ha un’infinità di declinazioni e quando primeggia nelle piste di tutto il mondo, è molto difficile scegliere quale sia la sua versione definitiva. Ovviamente stiamo parlando della Porsche 911, che per molti è semplicemente la regina delle auto sportive. Ma dal 1963 a oggi, quale è quella più iconica? E’ impossibile stabilirlo con certezza, ma se dicessimo la 911 Carrera RS 2.7, non sarebbero in tanti a essere in disaccordo con noi.
Posto che le sue linee sono immortali e che non sono state intaccate dalla plastica o dalla modernità, come nelle successive 964 e 993, la RS 2.7 rappresenta l’essenza stessa della sportività. In lei le parole renn sport (da cui RS) che letteralmente vuol dire “da corsa” trovano pienamente significato. Basti pensare che con i suoi 6,1 secondi per passare da 0 a 100 km/h, oggi un tempo che fa quasi sorridere per una sportiva di razza, è stata la 911 più scattante per diverso tempo, soprattutto grazie a una leggerezza intrinseca.
La cosa bella è che le sue origini non sono chiarissime, ma del resto questa non è una rarità quando si parla di vetture degli anni Settanta. Ve lo abbiamo già raccontato con la prima Golf GTI. Ad ogni modo pare che nel maggio del 1972, l’allora Direttore tecnico della Casa di Zuffenhausen, tale Ernst Fuhrman, assistette a una gara turismo a Hockenheim, in cui la Porsche 911 T 2.4 di Hartmut Kautz, seppur preparata, prese sonoramente la paga dalle Ford Capri RS 2600 che occuparono i primi quattro posti in classifica.
Fuhrman non poteva credere ai propri occhi, ma poi capì che le Ford avevano vinto perché quella versione della Capri era stata omologata con un allestimento ridotto all’osso, per risparmiare quanto più peso possibile. Praticamente una pronto corsa. Così Fuhrman decise di fare lo stesso e con i suoi tecnici mise a dieta la 911: lamiera più leggere, vetri più sottili, paraurti, cofano, serbatoio e telaio dei sedili in resine plastiche.
E questo era solo l’inizio perché proseguirono eliminando i materiali fonoassorbenti, l’orologio, i sedili posteriori e tutti gli altri accessori superflui, portaoggetti compresi. Il risultato sulla bilancia erano ben 100 kg in meno. Anche la celebre ala posteriore a coda d’anatra è nata quasi per caso e grazie alla perseveranza di un tecnico che si chiuse in galleria del vento per una settimana.
Uno sforzo che venne premiato dai dati, sia sulla carta sia su strada: si ottene una riduzione della portanza (il fenomeno che tende a far “galleggiare” l’asse) sul posteriore pari al 75%, tanto che per compensarla venne installato anche uno spoiler anteriore. Poi ci furono gli irrigidimenti al telaio e alle sospensioni e il risultato finale parlava di un’accelerazione laterale di 0,91 g, la più alta finora registrata su un modello di serie.
Il motore della 911 Carrera RS 2.7, infine, aveva 210 CV, quelli che bastavano per farla volare fino a 239 km/h. Dovevano esserne costruite solo 500, ma alla fine il totale della produzione arrivò quasi a 2.000. Nel 1972 costava poco più di 7 milioni di lire, oggi può valere anche un milione di euro. Un’affare no?
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