Si tenta di fermare la transizione energetica, o quanto meno rallentarla, tanto da creare una “coalizione” per fermare il phase-out dei motori termici. A mettersi assieme sono state le associazioni che rappresentano la filiera dell’auto e quella dell’oil & gas come Anfia, Anigas, Assogasliquidi, Assogasmetano, Confapi, Federmetano, NGV Italy ed unem, le quali si sono rivolte al Governo Draghi contestando lo stop alla vendita delle auto a combustione.
Hanno scritto ed inviato una lettera al presidente del Consiglio Mario Draghi, ai ministri competenti in materia ed al rappresentante permanente dell’Italia presso l’Unione Europea.
Questa coalizione ha provato ad evidenziare i rischi dello stop, sostenendo che: “i combustibili rinnovabili ed a basso contenuto carbonico, affiancati allo sviluppo della mobilità elettrica, possano dare un enorme contributo al raggiungimento degli sfidanti target di decarbonizzazione del settore trasporti, sia a livello nazionale che europeo”. Il parco circolante europeo di auto e veicoli commerciali sarà costituito al 2030 ancora da oltre il 70% di mezzi equipaggiati con motori a combustione interna (ICE). Il discorso varrebbe in particolar modo con riferimento al trasporto pesante. La sfida che sta affrontando il settore porta a ribadire con forza l’impossibilità di considerare tutto risolvibile con il contributo di un’unica tecnologia, tra l’altro ancora in evoluzione dal punto di vista dello sviluppo tecnologico e non ancora matura a livello di ecosistema di mercato in quasi nessun paese europeo”.
Il nodo della questione riguarderebbe anche l’aspetto lavorativo ed occupazionale: “numerose pubblicazioni hanno evidenziato i danni, occupazionali ed economici, derivanti dalla possibile messa al bando dei motori a combustione interna al 2035 nei diversi Paesi manifatturieri a vocazione automotive”.
Nel testo della suddetta lettera, ci sarebbe spazio anche per uno studio condotto da Clepa (associazione dei componentisti automotive europei) secondo cui: “l’Italia rischierebbe di perdere al 2040, circa 73.000 posti di lavoro, di cui 67.000 già nel periodo 2025-2030”. Secondo le associazioni firmatarie, nemmeno la creazione di eventuali nuovi posti di lavoro riuscirà a tamponare questo rischio. Nel testo, le associazioni hanno anche ipotizzato e proposto questa soluzione: “creare un quadro normativo e regolamentare inclusivo, neutrale, chiaro e stabile, derivante da una strategia di decarbonizzazione non basata solo sull’elettrificazione, ma aperta ad una varietà di tecnologie”.
C’è anche un’apertura verso una mediazione: “siamo sin d’ora disponibili a dare qualsivoglia tipo di contributo scientifico su tutte le tecnologie automotive (elettrico, ICE, GPL e Gas naturale, idrogeno etc), così da poter assicurare al Cite – Comitato interministeriale per la transizione ecologica tutti gli approfondimenti e gli scenari di sviluppo di cui possa aver bisogno per prendere le sue decisioni”.
A conti fatti, ora spetta alla classe politica italiana contemperare i temi dell’ambiente e dello sviluppo industriale. Si spera nell’adozione di strategie concrete e durature, senza più dimenticare e colpire un settore fondamentale come quello dell’auto.
Autore: Angelo Petrucci
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