Le case automobilistiche cinesi BYD e Chery stanno considerando di aprire stabilimenti in Turchia per aggirare i dazi sulle auto introdotti dall’Unione Europea. Il governo turco ha già firmato un accordo di investimento con BYD e sta trattando con Chery per ulteriori investimenti. Con incentivi attraenti e una capacità produttiva potenziale di 2 milioni di veicoli all’anno, la Turchia potrebbe diventare un importante hub per l’industria automobilistica cinese, mentre Bruxelles valuta come rispondere a questa crescente minaccia.
L’Unione Europea sta affrontando crescenti timori riguardo all’influenza della Cina nel settore automobilistico, soprattutto dopo l’introduzione di dazi sulle auto elettriche cinesi. In risposta, aziende come BYD e Chery stanno studiando modi per eludere queste restrizioni, considerando l’apertura di stabilimenti in Turchia. Questa strategia potrebbe rimuovere le barriere commerciali imposte dall’UE, come dimostra l’incontro tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il presidente cinese Xi Jinping, che hanno concordato di trattare la Turchia come partner nella Nuova Via della Seta.
Il governo turco sta attivamente cercando di attrarre investimenti dai produttori automobilistici cinesi per accelerare la transizione verso i veicoli elettrici. Le nazioni europee, tra cui l’Italia, stanno cercando di attrarre i costruttori asiatici, ma la Turchia sembra avere un vantaggio significativo. All’inizio di quest’anno, Ankara ha già firmato un accordo di investimento con BYD, mentre recenti colloqui con Chery sono in fase avanzata, anche se i dettagli dell’accordo non sono stati resi noti.
BYD prevede di costruire un impianto di produzione in Turchia dal valore di 1 miliardo di dollari, con una capacità annuale di 150.000 veicoli. Durante un recente incontro a Istanbul, Erdogan ha discusso con il presidente di Chery International, Guibing Zhang, mentre il ministro dell’Industria e della Tecnologia, Mehmet Fatih Kacir, ha partecipato attivamente ai colloqui. La Turchia offre incentivi attraenti, come agevolazioni fiscali e allocazione di terreni, per stimolare gli investimenti nella produzione di veicoli elettrici.
Il programma turco prevede una produzione minima di 150.000 unità all’anno e consente agli investitori di vendere un numero prestabilito di auto sul mercato locale senza dazi. Con una capacità produttiva potenziale di 2 milioni di veicoli all’anno, la Turchia, già sede di stabilimenti di Ford, Stellantis, Renault, Toyota e Hyundai, potrebbe diventare un importante hub per l’industria automobilistica cinese. Mentre questo scenario si sviluppa, Bruxelles sta riflettendo su come affrontare la crescente influenza cinese nel mercato europeo.
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