Oggi molti modelli montano, di serie, la trazione integrale. Trent’anni fa non era proprio così, specie per case generaliste impegnate su larga scala con modelli che non necessitavano. Parlando di Opel, la prima integrale 4×4 arrivò nel 1989, sotto le forme della Vectra 4×4, proposta a un prezzo già molto competitivo così da invogliare il pubblico a un nuovo piacere di guida, senza contare la maggior sicurezza.
Prezzo che, per l’appunto, variava “solo” del 10% rispetto alla corrispettiva versione a trazione anteriore. Prezzo “figlio” di anni e anni di lavoro, con numerose prove al centro sviluppo tecnico della Opel AG, seppur gli ingegneri furono poco convinti degli esiti dei test. Giunti a un punto di semi-stallo, si decise di portare la trazione integrale sullo stesso pianale della Vectra 2.0 16 valvole, la cui introduzione era già programmata per l’estate del 1989.
Il motore, il cambio e le sospensioni anteriori erano simili a quelli della versione con trazione solo avanti. Ciò nonostante, la taratura delle sospensioni sulla Vectra 4×4 era stata modificata in quanto la differente ripartizione dei pesi sui due assali aveva suggerito di adottare molle più rigide e ammortizzatori di tipo diverso.
La sospensione posteriore si rifaceva a quella adottata tempo addietro su Opel Omega. L’analisi al computer aveva suggerito però in questo caso di adottare bracci semi-oscillanti con perni su due piani capaci di ottenere un angolo di camber negativo e di ridurre la convergenza quando le molle vengono messe sotto sforzo.
Il sottotelaio isolato era una novità di questa versione: una speciale struttura tubolare della sospensione evita infatti carichi indesiderati. Un supporto trasversale assicurava il differenziale posteriore alla scocca. Derivati anch’essi dalla riuscita sospensione posteriore di Opel Omega erano le molle Minibloc, gli ammortizzatori e il differenziale posteriore opportunamente modificato per adattarsi alla carreggiata posteriore della Vectra.
Il cuore del nuovo sistema di trazione totale era però la scatola del transfer collegata al cambio manuale a 5 marce, lo stesso utilizzato sulle versioni a due ruote motrici. Il supporto posteriore del motore era stato arretrato di 10 centimetri per sostenere anche il nuovo gruppo. Sulla Opel Vectra 4×4 il cambio e la scatola del transfer costituivano un complessivo particolarmente compatto, con all’interno un giunto viscoso e una frizione idraulica in grado di disinnestare il passaggio di potenza alle ruote posteriore appena venivano sfiorati i freni.
Il giunto viscoso, invece, compensava nelle curve le differenze di velocità tra i due assi e ripartiva automaticamente la coppia fra gli assi stessi in caso di slittamento delle ruote. Su fondo stradale asciutto, ad esempio, il giunto viscoso inviava il 73% della potenza alle ruote anteriori e il restante 27% a quelle posteriori.
Su terreno scivoloso invece la ripartizione aveva un rapporto di 40:60. Normalmente l’asse posteriore trasmetteva dal 15% al 60% della coppia totale. In condizioni estreme – come quando, ad esempio, le ruote anteriori slittano perché non trovano sufficiente aderenza su un fondo ghiacciato – trasmetteva fino al 100% della coppia per mantenere la trazione.
Un sistema davvero evoluto, per l’epoca, che oggi ritroviamo, ulteriormente perfezionato, su modelli come la Opel Insignia Country Tourer 4×4 .
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