Se la Mini cinque porte è “5paziale”, come recita lo spot, la sei porte della famiglia BMW, è quella più versatile. Esatto, avete capito bene: sei porte, quella del bagagliaio doppia, come i furgoncini e come già successo nel passato del Marchio. Cos’altro? Qualche centimetro di lunghezza in più, bagagliaio da piccola station e tutto o quasi il divertimento tipico dell’Inglesina, qui in formato famiglia, meglio se non troppo allargata…
Il pianale della generazione F56 è l’UKL della Casa dell’Elica, quello nuovo a trazione anteriore e motori trasversali (lo stesso condiviso con la nuova Bmw X1 e futura Serie 1): le fondamenta delle future sportivette di Monaco e si sente, l’ideale per le auto più compatte, che richiedono di ottimizzare lo spazio interno per assicurare il massimo dell’abitabilità.
A cambiare sono le dimensioni esterne: 4.25metri contro 3.98 della cinque porte (da noi provata) e 3.85 della tre (oggetto di una prova di fine 2014), una larghezza vettura maggiore di 73mm, e un bagagliaio più capiente 360litri contro 278 o 211 della “piccola”. Alla prova dei fatti si ottiene un maggior spazio interno, specie in larghezza, dove ora i gomiti si sfiorano appena e un maggior spazio per le ginocchia di chi siede dietro, anche se il tetto in vetro toglie spazio per la testa.
I posti omologati sono in effetti cinque, ma il quinto si trova a convivere con un tunnel invadente. La seduta di guida è bassa, sportiva, ma ampiamente regolabile, anche nell’estensione del piano di seduta, che manca su auto ben più blasonate. Peccato che l’accessibilità sia sempre risicata per la categoria mini-station: le porte posteriori hanno una dimensione inferiore alle attese e occorre contorcersi per salire. Il bagagliaio con 360litri, espandibili a 1.250 è più grande delle “sorelle”, ma pur sempre limitato per una famiglia. La doppia porta al posto del portellone è più un vezzo stilistico che una reale utilità: un grande spessore porta via spazio, senza per altro tornare utile al carico, ma d’altronde se volete un’auto “pratica” meglio cercare altrove.
Gli interni, come già visto per la tre porte sono maturati, ma mantengono lo spirito giocoso delle passate edizioni: ora hanno assemblaggi più curati e un’inedita disposizione di comandi e strumentazione, più razionale grazie all’introduzione del sistema iDrive. Scenografico lo schermo da 8.8 pollici (2.120 € per la versione Professional) a comando vocale e il nuovo controller MINI con Touchpad, sul quale si può scrivere con un dito. Sempre bello il LED ring: un anello a LED che cambia colore in relazione alle impostazioni di telefono e sensori di parcheggio, ma può variare tonalità anche in base al numero di giri del motore.
Inoltre un’auto giovanile non poteva che essere sempre connessa: persino al volante, ma solo da fermi, ci si collega alle community: Twitter, Facebook, Foursquare e altro ancora, come il calendario dello smartphone o le MINI Apps.
Impressionante anche l’Head Up Display a scomparsa, con indicazione a colori delle velocità, dei limiti rilevati dai segnali stradali, del navigatore e della radio.
Si può riassumere il capitolo in questa frase: “il tre cilindri è il motore forse più azzeccato per la Mini, ha un solo difetto, ovvero il sound in accelerazione“. Il timbro tipico è evidente quando si affonda il piede, ma nelle altre condizioni la silenziosità è esemplare. E le prestazioni non mancano per il 1.5 Twin Turbo benzina da 136cv e 220Nm sviluppati già a soli 1.250 giri, un regime più basso rispetto al diesel! Per contro l’allungo è deludente: a 4.500giri la spinta viene a mancare ed è inutile insistere, il cambio automatico sgranocchia il rapporto successivo in modo abbastanza lesto, ma tende ad avvicinarsi troppo al limitatore, con scarsi risultati, meglio agire manualmente tramite i paddle al volante. Così facendo si toccano comunque i 205 km/h e lo 0-100 è concluso in 9.1 secondi, ampiamente sufficienti per il genere di vettura.
L’assetto è meno piatto del solito, ma comunque “frenato”, l’auto rimane divertente, con inserimenti fulminei e un retrotreno “molto vispo” in staccata, che non scontenta gli integralisti Mini. Il sottosterzo non è contemplato, la tenuta è elevata, lo sterzo, dalla corona spessa, è diretto e l’auto rimane facile e sicura, sia su mani esperte sia per i meno avvezzi alla guida. Le sospensioni rimangono saldamente concentrate verso uno schema raffinato, ovvero la combinazione McPherson anteriori e multilink posteriori, ma il rollio sulla Cooper è più presente.
L’elettronica contribuisce a perfezionare le traiettorie e tenere la corda in curva, senza allargare con il muso, ma è più invasiva. Se slegata parzialmente dal controllo di trazione (primo dei due step), garantisce al contempo divertimento e sicurezza in caso di sbandata. Facile in staccata “giocare” con il retrotreno grazie al peso ridotto di 1.395kg e alla frenata potente, ma poco resistente al fading nell’uso esasperato.
Esiste, inoltre, la possibilità di settare tre profili di guida definiti: GREEN, MID, SPORT, che si regolano tramite una ghiera posta alla base del cambio e ottimizzano la risposta del pedale del gas, l’erogazione di coppia, la modalità ECO del climatizzatore e lo sterzo nel modo più efficiente o sportivo possibile.
Con un corpo vettura di 4.25 m trovare parcheggio non è un problema in città. Poi con i sensori anteriori, posteriori, la telecamera e il parcheggio assistito tutti optional diventa un gioco da ragazzi piazzare la Mini negli anfratti delle nostre affollate metropoli. Alla guida tra i semafori lo sprint non manca affatto, grazie alla turbina del “piccolo” tre cilindri, solo le sospensioni, ottimizzate per la guida sprint, sono rigide sul pavé cittadino e le vibrazioni si fanno fastidiose per un’auto di famiglia.
In autostrada la silenziosità non viene meno, complice un motore che gira più in basso e un’insonorizzazione più curata. L’autonomia non è male con 48 litri di serbatoio e una media di 13km/l si raggiungono i 600km. A stupire sono infatti i consumi, che fuori città toccano i 15 km al litro e in città non scendono mai sotto i 12. I sistemi di cruise control attivo e di frenata assistita si occupano di rendere il viaggio più rilassato. La gamma di sistemi di assistenza alla guida si amplia inoltre con Forward Collision Warning (FCW), City Collision Mitigation (CCM), Speed Limit Info (SLI), High-Beam Assistant digitale, Traffic Sign Memory e No Passing Info (NPI).
La Mini Clubman parte da 22.600 euro, la Cooper 136 cv benzina automatica costa 27.000 euro, il modello oggetto della prova, con metallizzato, cerchi Star Spoke da 18”, runflat, pelle Chester Indigo Blue, sedili elettrici, navigatore, head un display, tetto, fari full led, sensori, telecamera, pack luci e ausili alla guida di cui sopra supera i 42.000 euro: una cifra impegnativa, da segmento superiore.
Le avversarie dirette altrettanto chic mancano proprio nel listino, ma per dimensioni esterne e costo potremmo annoverare l’Audi A3, la Bmw Serie 1 e la Mercedes Classe A.
Qualche cm di lunghezza in più, bagagliaio da piccola sw e tutto il divertimento tipico dell’Inglesina, qui in formato famiglia, meglio se non troppo allargata.
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