Un vero e proprio laboratorio mobile, sia di design sia di tecnologia. Questa, in estrema sintesi, è stata la Mercedes C 111, fin dagli esordi una vettura creata per far discutere e oggi ricordata, soprattutto, per il debutto di Wankel, o motore rotativo che di si voglia, su una vettura della Casa di Stoccarda.
Spegne già 50 candeline questo “esperimento”, anche se in realtà la C 111 fu solo la concept car, presentata a fine 1969, da cui ebbe origine la più celebre C 111-II, del marzo 1970. Nata dalla matita del designer italiano Bruno Sacco, anche la C 111-II, come tante sportive dell’epoca, o semplici studi di design, si affidò alla classica forma a cuneo. Una forma già in voga in quel periodo: basti pensare all’Alfa Romeo Carabo di Marcello Gandini (1968) o, sempre opera del designer torinese, la mitica Lamborghini Countach (il prototipo LP 500 venne presentato a Ginevra nel 1971.
Stilisticamente, non era solo il muso basso a colpire sulla Mercedes C 111-II, bensì l’apertura ad ali di gabbiano delle portiere e, non ultima, i due estrattori dell’aria posti sul muso, inedita per l’epoca. I bagagli? Dietro le spalle di pilota e passeggero, in un apposito vano ricavato sopra il motore (e guai a metterci la spesa). La sua carrozzeria, invece, alta appena 1,12 metri, venne realizzata in plastica rinforzata con fibra di vetro: aerodinamica sì, ma leggerezza sempre al primo posto, con telaio in acciaio (oggi si sarebbe optato, quasi sicuramente, per il carbonio).
Per la sua progettazione, Mercedes fu tra le prime ad abbandonare, non del tutto, il classico tecnigrafo per sposare la tecnologia dei PC, seppur agli albori. La vera novità della C 111-II fu, però, il motore Wankel, sperimentato per la prima volta sulla Mazda Cosmo e arrivato a vincere la 24 Ore di Le Mans, con la 787B del costruttore giapponese, nel 1991). In realtà Mercedes, già nel 1963, pensò ad un Wankel da utilizzare per una “piccola auto sportiva dal prezzo contenuto”, che si sarebbe collocata al disotto della SL ‘Pagoda’ (W 113).
Con il motore rotativo il baricentro era decisamente più basso, ma non solo: 4 erano i rotori (602 cc ciascuno) capaci di esprimere una potenza di 350 CV. Lo studio dell’applicazione su un modello di serie, però, non ebbe seguito: la Casa di Stoccarda optò per due più tradizionali motori Diesel e benzina. Col primo, montato sulla terza evoluzione (C 111-III), la concept battè diversi record di velocità, (raggiunse, nel 1978, 316 km/h sull’anello pugliese di Nardò) mentre superò addirittura i 400 km/h (403,78 km/h) con il V8 benzina più potente dell’originale, sempre sulla pista oggi di proprietà Porsche. Già nel 1970, in realtà, Mercedes portò avanti studi comparativi al Wankel con un V8 3,5 litri.
Seguirono varie evoluzioni, lungo tutti gli anni ‘70. Una delle 16 C 111 prodotte, nella tonalità cromatica arancio metallizzato denominata ‘Weißherbst’, è conservata con estrema cura al Museo Mercedes di Stoccarda (qui potete esplorarlo virtualmente).
Pensate che anche l’artista americano Andy Warhol, che la scelse come icona ispiratrice di alcune delle sue opere d’arte.
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