I veicoli a idrogeno hanno incontrato grandi difficoltà, come la mancanza di infrastrutture e l’elevato costo, mentre le auto elettriche a batteria guadagnano terreno. Toyota ha faticato con la Mirai, ma BMW continua a credere nelle FCEV, puntando su una flotta di iX5 e un’infrastruttura in espansione negli Stati Uniti d’America. Anche Renault esplora l’idrogeno con una nuova Plug-in Hybrid, cercando di combinare efficienza e sostenibilità. Scopriamo meglio perché l’idrogeno, secondo BMW, possa essere la svolta per il futuro della mobilità.
I veicoli a idrogeno hanno vissuto una storia altalenante. Qualche anno fa sembravano il futuro della mobilità, grazie a un sistema di rifornimento simile a quello delle auto tradizionali. Però vari ostacoli hanno rallentato la loro diffusione, minacciando seriamente la sopravvivenza di questa tecnologia.
Toyota è stata una delle prime case automobilistiche a puntare sull’idrogeno, investendo pesantemente sulla Mirai, ma il risultato non è stato entusiasmante. Un esempio è l’Italia, dove nel 2024 è stata venduta una sola Toyota Mirai. Il problema principale è l’insufficienza delle infrastrutture di rifornimento, che non sono mai decollate a livello globale. Inoltre, l’arrivo delle auto elettriche a batteria, sempre più competitive anche nei costi, ha accelerato il declino delle FCEV (Fuel Cell Electric Vehicles).
Nonostante le difficoltà, BMW continua a sviluppare veicoli a idrogeno. L’azienda bavarese ha lanciato una flotta sperimentale di BMW iX5, con l’obiettivo di introdurre un modello commerciale entro il 2028. BMW ha evidenziato tre vantaggi chiave delle FCEV: una rete di infrastrutture in espansione, un migliore bilanciamento del carico energetico e prestazioni superiori in certe condizioni di guida.
L’espansione delle infrastrutture riguarda soprattutto gli Stati Uniti d’America, in particolare la California, che vanta oltre 40 stazioni di rifornimento. In molte altre parti del mondo, però, l’idrogeno resta una tecnologia marginale.
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