Negli anni Sessanta le auto sportive erano per definizione a trazione posteriore, così quando la Lancia Fulvia HF vinse il Rally di Montecarlo nel 1972 a molti girò la testa. L’impresa compiuta dal leggendario “Drago” Sandro Munari nella notte del Col de Turini fece il girò del mondo. Tutti si chiedevano come quella piccola coupé senza il paraurti anteriore, con il cofano e il baule verniciati di nero opaco, riuscisse a danzare leggera e veloce tra le strette curve innevate delle montagne francesi.
La risposta può essere riassunta con il concetto di “agilità”: un anteriore incisivo e svelto da inserire, seguito da un posteriore leggero e ballerino che però consentiva di girare la macchina in un fazzoletto. La Fulvia Coupé, era stata progettata da Piero Castagnero nel 1965 e, dopo diverse evoluzioni, nacque la HF, subito rinominata “fanalone” per via delle grandi luci di profondità installate sulla calandra. Il successo a Montecarlo cambia la storia della Lancia, che fino ad allora era stata nota come produttore di auto di lusso, accreditandola anche come marchio sportivo.
In altre parole, senza la Fulvia HF non sarebbero mai esistite la Stratos, la 037, la S4 e la Delta Integrale, praticamente i modelli che hanno fatto la storia dei rally. La sua scheda tecnica era semplice ma efficace, mentre il motore è un vero pezzo di arte ingegneristica, firmato dall’Ing. Ettore Zaccone Mina. L’obiettivo primario era quello di costruire un propulsore compatto.
Questo perché doveva essere montato anteriore a sbalzo (in senso longitudinale) e quindi le masse oltre l’asse dovevano essere le minori possibili. Quindi la scelta della V stretta permise da un lato di diminuire la larghezza del propulsore, dall’altro di utilizzare una testata singola e montare una distribuzione con doppio albero a camme in testa. L’angolo della V, peraltro, è compreso tra 12 e 11 gradi a seconda delle cilindrate, visto che il vertice dell’angolo di bancata non si trova sull’asse di rotazione dell’albero motore, in modo da lasciare spessori maggiori alla base della V e quindi aumentare l’affidabilità.
In ogni caso è un motore a corsa corta, con cilindri in ghisa, testa, basamento, coperchio delle valvole e coppa dell’olio in alluminio. Nella HF “fanalone”, la cilindrata è salita fino a 1.584 cc per una potenza di 132 CV a 6.600 giri, che nelle versioni da gara cresceva ulteriormente a 160 CV. Il cambio (solo sulla 1.6 HF) è uno ZF a 5 marce con la prima in basso.
A livello di sospensioni, invece, quelle anteriori utilizzano uno schema a quadrilateri deformabili con bracci a lunghezza differenziata e una singola balestra trasversale; quelle posteriori, invece, hanno l’assale rigido con due balestre semiellittiche longitudinali e barra Panhard. Parlando di stile, infine, la Fulvia Coupé è stata disegnata con l’ispirazione ai motoscafi Riva e va segnalato il vero legno utilizzato per il cruscotto.
Oggi per acquistare una Lancia Fulvia HF usata bisogna mettere in conto almeno 60.000 euro, per arrivare anche oltre i 100.000 degli esemplari con una storia corsaiola alle spalle.
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