La leggenda narra che Ferruccio Lamborghini abbia iniziato a produrre auto, uscendo dal settore dei trattori di sua competenza, dopo una discussione con Enzo Ferrari, da cui era stato accusato di non capire nulla di auto. Che sia vero o meno, senza questo bisticcio non sarebbe mai esistita la Miura , ovvero l’auto che ha inventato il concetto stesso di supercar.
Nel 1965, infatti, dalla fabbrica di Sant’Agata Bolognese era uscita solo la 350 GT e la sua evoluzione 400 GT, una classica coupé a motore anteriore, come era costume in quegli anni in cui il concetto di motore posteriore centrale iniziava appena a farsi strada in Formula 1. Ferrari stesso, peraltro, era scettico su questa innovazione – “I buoi stanno davanti al carro e non dietro” disse il Drake – che invece il suo rivale emiliano seppur titubante, volle cavalcare. Così nel 1965 Lamborghini presentò al Salone di Torino un telaio completo di sospensioni e con il V12 posizionato dietro l’abitacolo e prima delle ruote posteriori, con orientamento trasversale rispetto alla vettura.
Un anno dopo, ancora al Salone piemontese, su quella stessa meccanica fu presentata un’auto che lasciò tutti a bocca aperta, inclusi gli uomini di Maranello. Era nata la Miura P400, così nominata in onore del famoso allevatore spagnolo di tori da combattimento: Don Eduardo Miura Fernandez. Lo stile era stato firmato dalla carrozzeria Bertone e in particolare da Marcello Gandini che lo completò in soli quattro mesi. A lui si devono altri capolavori dell’automobilismo come la Countach e la Lancia Stratos, mentre il resto dell’auto era stato concepito dagli ingegneri Gian Paolo Dallara e Paolo Stanzani.
La Miura aveva una linea senza precedenti tra le auto di serie: era incredibilmente larga ma soprattutto bassa. Grazie all’arretramento del propulsore, il cofano era quasi attaccato al suolo tanto che i fari dovevano essere per forza a scomparsa. Fari che peraltro erano gli stessi della Fiat 850 Spider e che erano stati contornati da delle “ciglia” in materiale plastico proprio per migliorarne l’aspetto e mascherare qusta discendenza.
Il motore della Miura, poi, era all’altezza di tutto il resto. Con 3.9 litri di cilindrata e 12 cilindri a V, poteva erogare 350 CV a 7.000 giri, spingendo l’auto fino a 300 km/h, una velocità incredibile per quell’epoca. E in effetti, la supercar Lamborghini aveva qualche problema di gioventù dovuto al suo layout innovativo, risolto poi con le serie successive. Alle alte velocità il muso tendeva ad alleggerirsi e nella marcia cittadina erano frequenti i surriscaldamenti.
Ciononostante, quest’auto ebbe un successo pieno e immediato, anche se costava 7.700.000 lire, una cifra ben più alta dei corrispondenti modelli Ferrari venduti negli stessi anni, che sarebbe poi stata battuta solo dall’Alfa Romeo 33 Stradale che sfiorava i 10 milioni. Ad ogni modo, nel primo anno di produzione ne furono consegnate ben 108 unità, molte delle quali acquistate dai protagonisti del jet set degli anni Sessanta. Considerate le evoluzioni S ed SV (e l’esemplare unico, impossibile da non citare, SVR), la Miura fu venduta in 762 unità fino al 1973, un vero record per quel periodo storico. Oggi è impossibile trovarne una a meno di 3 milioni di euro.
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