Categorie: Motorsport

La nostra esperienza alla 24 Ore di Le Mans

Tempo di lettura: 5 minuti

L’ordine d’arrivo è ormai negli annali della competizione: ha vinto la Porsche numero 19 guidata dal terzetto composto da Nico Hulkenberg, Earl Bamber e Nick Tandy. Dopo 17 anni di digiuno (l’ultima vittoria della Casa di Stoccarda era datata 1998), la 919 Hybrid ha raccolto il testimone dalle sue antenate (917, 936, 956, 962, 95 TWR e 911 GT1) e fregiato la Cavallina del 17esimo titolo nella Maratona della Sarthe. Una vittoria che da sola ripaga le fatiche (non solo economiche) del progetto Porsche LMP1, e proietta ancora una volta il costruttore tedesco nell’olimpo delle competizioni di durata.

La 24 Ore di Le Mans, infatti, non rappresenta soltanto la gara più ambita e impegnativa del Campionato del Mondo Endurance, ma segna un vero e proprio spartiacque della stagione sportiva. Quest’anno il circus del WEC ha fatto tappa in terra francese nella seconda settimana di giugno, e il calendario FIA non prevede appuntamenti prima del prossimo 30 agosto (6 Ore del Nürburgring). Così, se nelle classiche d’inizio stagione a Silverstone e Spa-Francorchamps erano state le Audi ad avere la meglio, nel dipartimento a sud-ovest di Parigi le Porsche 919 Hybrid sono apparse da subito imprendibili, forti di un tempo sul giro da record (il nuovo appartiene all’elvetico Neel Jani, che ha percorso i 13,629 km del giro di pista in 3’16”887) che le ha portate a occupare le prime tre caselle dello schieramento di partenza.

La nostra esperienza da spettatori

Assistere allo start della corsa – quest’anno affidato a Bill Ford Jr. per festeggiare l’imminente ritorno della Casa americana nelle competizioni GT – dalla lodge Michelin rappresenta sicuramente un’occasione privilegiata. Non solo perché si ha la certezza di essere saliti sul carro dei vincitori (tutte le vetture LMP1 e la quasi totalità delle GT utilizzano, infatti, le coperture francesi), ma anche perché si ha una visuale perfetta della pitlane e dei box Audi Sport – Team Joest, squadra che da sola vanta ben 15 affermazioni assolute (le ultime 8 proprio in sodalizio con i Quattro Anelli).

Passata la concitazione iniziale, con i commissari che sventolano la bandiera verde e i prototipi che si accalcano sul rettilineo davanti ai box, ha finalmente il via il gran ballo della 24 Ore. L’attenzione si sposta sui team, e subito la curiosità è quella di capire chi deciderà di interrompere per primo questa folle corsa a 247 km/h di velocità media (sì, avete letto bene!). Le Audi sostano al 10° e 11° giro, seguite dalla Porsche numero 19, mentre Bernhard in testa alla gara riesce a posticipare al 12° e chiudere in testa la prima ora davanti a Jani, Di Grassi, Lotterer, Bonanomi e Hulkenberg.

Se l’asfalto del Circuit de la Sarthe è affollato di bolidi a quattro ruote, in cielo è un continuo rincorrersi di elicotteri impegnati in voli turistici. È proprio a bordo di uno di questi che assistiamo al primo dei 28 cambi di leader che hanno infiammato l’edizione 2015, con 4 vetture diverse alternativamente al comando della classe regina. È André Lotterer a sfruttare il rientro della safety car al termine dei 20 minuti di neutralizzazione per l’incidente di Patrick Pilet, beffando alla ripartenza prima la Porsche di Jani poi quella di Bernhard. L’entusiasmo del box Audi è però destinato a raffreddarsi allo scadere della terza ora di gara, quando la R18 e-tron di Duval sopraggiunge in piena velocità (oltre 300 km/h) su un gruppetto di GT che procedevano a 80 km/h in regime di slow zone. L’urto con la Ferrari numero 51 del team AF Corse è inevitabile, e l’auto del pilota francese rovina contro il guardrail della curva Indianapolis. Rientrerà lentamente verso la corsia box.

Quando ci avviciniamo a un quarto di gara, decidiamo di spostarci sulle tribune della chicane Dunlop prima di rientrare in hospitality per cena. Qui, se le GT inebriano gli spalti con le sinfonie provenienti dai loro V8 aspirati, i prototipi LMP1 impressionano per la velocità cui affrontano l’omonima curva, sfruttando la veste aerodinamica studiata per questo tracciato. In questa fase è l’Audi numero 9 che prova a insidiare la testa della corsa, inanellando parziali record proprio nel primo settore: 31”041 (Albuquerque).

La notte della 24 Ore

La notte di Le Mans è un momento carico di emozioni. Se l’alba della domenica trasmette un senso di appagamento (ce l’abbiamo fatta!), è proprio durante le ore notturne che si ha l’impressione di assistere a qualcosa di davvero speciale. Il sole lascia spazio ai fari delle auto in gara, e ai margini della pista cominciamo ad assieparsi tutti quelli che scelgono di sacrificare il sonno sull’altare della passione per i motori. Chi, come noi, non dispone di mezzi di spostamento ha una libertà d’azione che va dalla chicane Ford all’inizio del rettilineo delle Hunaudières.

Per raggiungere questo punto del tracciato attraversiamo il paddock – con una breve incursione nel box del team AF Corse (Ferrari) per assistere al pit stop della numero 51 –, poi su fino al villaggio ospitalità e ancora alla passerella Dunlop. Qui la musica accende la notte di chi vive questa due giorni francese con la voglia di divertirsi all’interno di un contesto unico: nell’area concerti si alternano live band e dj set, in una bella maratona musicale che legittima qualche distrazione da quella motoristica.

Chi prosegue è premiato dallo spettacolo delle Esse della Foresta, curve in sequenza che seguono lo scollinamento della prima chicane, teatro di sorpassi mozzafiato dei prototipi a danno delle vetture più lente. A lasciarci senza parole è il raccordo che immette sul lunghissimo rettifilo, punto tristemente noto per il tragico incidente costato la vita al pilota danese Allan Simonsen solo due anni fa. Si esce praticamente in pieno, con la vettura in appoggio, dalle veloci curve del Tertre Rouge. Il bordo pista all’improvviso si riduce a poco meno di due metri per l’elevato dislivello col terreno oltre il guard rail: non c’è possibilità di via di fuga né vasche di sabbia, solo la speranza che il comportamento dell’auto e degli pneumatici sia quello ottimale.

È al fondo del rettilineo, però, che si alternano i colpi di scena. La Porsche numero 18 con Dumas al volante, incalzata dall’auto gemella di Hulkenberg, arriva lunga alla frenata e va a sbattere contro le barriere danneggiando il muso. Al suo posto salirà Jani, l’autore della pole, che a meno di 3 ore di distanza commetterà uno sbaglio quasi identico sempre alla curva Mulsanne. Nella notte, così, la lotta è tra rookie: la Porsche numero 19 di Hulkenberg e l’Audi numero 9 di Rast, entrambi debuttanti a Le Mans.

Dal tramonto all’alba

Arriva in fretta l’alba della 24 Ore, e regala gli scenari più ricchi di fascino. Se i fari delle auto nella notte forniscono ai fotografi incredibili spunti creativi, vedere il sole che penetra tra le nuvole e i prototipi che sfrecciano in pista a folle velocità è qualcosa che lascia gli appassionati letteralmente a bocca aperta. La luce bassa sulla linea dell’orizzonte non facilita certo il compito di chi è alla guida, ma le temperature ottimali dell’asfalto permettono di esaltare le performance degli pneumatici e di far registrare i migliori crono.

È nel corso della 21esima ora, con la Porsche di Bamber sempre al comando, che Lotterer sull’Audi numero 7 mette a segno il nuovo giro veloce della gara: 3’17476 al giro 337, con una velocità media di poco inferiore ai 250 km/h. Uno scatto d’orgoglio che si somma allo stint record del suo compagno Marcel Fassler, installatosi al volante della R18 e-tron alle 6.27’51” per ricederlo alle 10.26’52”. Ha quindi pilotato consecutivamente per 3 ore e 59 minuti percorrendo 61 giri, pari a 831,36 km, di cui 53 (pari a 722,33 km) con lo stesso treno di pneumatici Michelin.

Saranno i problemi alla pressione dei freni e al sistema ibrido a costringere i 3 equipaggi Audi a delle soste indesiderate ai box, e a incoronare definitivamente le Porsche 919 Hybrid dominatrici della Maratona di Le Mans. Velocità, costanza, affidabilità e assenza di errori compromettenti: questi gli ingredienti che hanno permesso a Hulkenberg, Bamber e Tandy di salire sul gradino più alto dell’83a edizione della classica francese, scrivendo indelebilmente i loro nomi nell’albo d’oro della regina delle gare di durata. Accanto a loro Porsche e Michelin, che insieme hanno realizzato la componente meccanica di questo successo. La Casa di Stoccarda interrompe un digiuno di quasi 20 anni con una doppietta straordinaria (seconda la 919 rossa di Bernhard/Webber/Hartley); a Clermont, invece, si festeggia il numero 24 – come le ore di gara, certo, ma anche come le vittorie ottenute da auto equipaggiate con pneumatici Michelin (che ogni anno raggiungono il circuito francese in oltre 7000 unità).

Le Mans Tyre, from conception to victory – Michelin (2015)

Vincenzo Attamante

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Vincenzo Attamante

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