E l’auto squassò gli equilibri economici mondiali, inclusi quelli fra giganti come Germania e Cina. Per spiegarci meglio, partiamo da tre dati.
Primo: Berlino dipende dalla Cina e così sarà anche in futuro. Su dieci società tedesche di maggior valore quotate in Borsa, nove traggono come minimo il 10% dei ricavi dall’ex Celeste Impero, il quale è il sovrano assoluto delle catene di approvvigionamento industriali. Fra l’altro, il Dragone controlla la filiera dell’auto elettrica, con le batterie e i minerali necessari come litio e cobalto.
Secondo: il bando termico UE 2035, voluto proprio dai verdi tedeschi, sta avendo conseguenze drammatiche per la Repubblica parlamentare federale. La ritorsione ai dazi europei da parte della Terra di Mezzo, con tasse sulle vetture premium BMW, Mercedes e VW vendute oltre la Grande Muraglia, è un incubo.
Terzo: seguendo la linea UE, dopo l’inizio della guerra Russia-Ucraina, Berlino s’è allontanata da Mosca tentando di essere meno dipendente dal gas a basso costo, fornito da Putin. S’è così messa nelle mani della Cina.
Di qui, la missione del cancelliere tedesco Olaf Scholz, che guida una delegazione di alto livello, a Nuova Delhi: obiettivo, trovare nuovi alleati a livello economico che possano sostituire, almeno in minima parte, la Cina, stante che rendersi autonomi da Pechino è utopia. Il colosso India viene visto come un potenziale partner. I pro? Giovani lavoratori qualificati, una base di costo più economica e una crescita economica che si attesta intorno al 7%.
Tuttavia, esistono vari problemi, e pure pesanti. Anzitutto, gli investimenti tedeschi in India ammontano a 25 miliardi di euro nel 2022, cioè il 20% del volume investito in Cina. Lo sottolinea Volker Treier, responsabile del commercio estero presso la Camera di commercio tedesca DIHK. Al massimo, la quota potrebbe salire al 40% entro il 2030. Inoltre, fa notare la società di consulenza KPMG, le aziende teutoniche citano burocrazia, corruzione e sistema fiscale indiano come ostacoli agli investimenti.
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