Kawasaki Z900RS – La nostra prova

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Retro Sport. Questo il significato del termine RS che firma la personalità di questa Kawasaki che può contare su una antenata che ha fatto storia: linee di ieri con tecnologia e sicurezza di oggi. La forma del serbatoio e soprattutto nella grafica bicolore della moto da noi provata, che riprende fedelmente gli accostamenti cromatici della Z1 originale, unitamente all’irrinunciabile faro tondo (ma a LED), con la ciliegina della coda a unghia leggermente all’insù, proprio come all’ora. Poi c’è il sellone trapuntato lungo a due piani con la cinghia di appiglio per il passeggero, dettagli romantiche oggi fuori tempo.

Kawasaki
Kawasaki Z900RS

Anche la strumentazione è classica, coi due ‘orologi’ con inserto digitale, mentre il manubrio tubolare largo è cromato. Riguardo l’impianto scarico, per motivi tecnici si è optato per la soluzione quattro in uno ma la forma è coerentemente compatta. 

La tecnica: motore

Il motore è il moderno (e ben noto) quattro in linea Kawa di 948 cc DOHC 16 valvole, dotato di nuovi coperchi laterali e testata alettata per richiamare il raffreddamento ad aria. La fasatura di distribuzione, in questa applicazione, è stata ammorbidita, il rapporto di compressione è sceso di un punto (da 11,8 a 10,8:1) e l’albero motore è stato appesantito del 12%.

L’alimentazione (iniettori, air-box e mappatura) è stata adeguata per incrementare il tiro sotto ai 7.000 giri a scapito di un po’ del vigore agli alti regimi. In definitiva si è passati dai 125 Cv della cugina ‘cattiva’ ai 111 CV della sua versione ‘retrò’. La coppia massima è invece rimasta 10 kgm ma a 6.500 anziché 7.700 giri. La RS monta il controllo di trazione, assente sulle sportive Z900 e Z1000. Come telaio ritroviamo il traliccio in tubi d’acciaio della Z900 a cui è stato modificata la zona reggisella, con un piano che aumenta fino a 835 mm da terra, rispetto ai 795 originali. Anche il manubrio più alto e largo rende l’impostazione meno caricata sull’avantreno.

La tecnica: ciclistica

Confermati il forcellone, la forcella rovesciata da 41 mm pluriregolabile (addirittura più che sulla Z) e l’ammortizzatore Horizontal Back-Link anch’esso regolabile, con immutata escursione ruota da 140 mm. Diverso invece l’impianto freni, tutto firmato da Nissin, con inediti dischi da 300 mm e pinze radiali monoblocco anteriori. Dietro il disco è da 250 mm. Il peso della RS cresce di 5 kg rispetto alla Z base: 215 kg in ordine di marcia.

La prova su strada

In sella sulla RS si sta più comodi rispetto alla Z. Vista la sua immagine modaiola, le intenzioni sembrano più da sfilata che da smanettata. Fino a quando è spenta. Una volta avviata, il suo sound è educato ma sa di grintoso, lo si capisce subito alla terza sgasata. Poi, in movimento, cambia decisamente l’impatto avuto a moto ferma.

Il motore allunga un po’ meno di quello della Z moderna, ma sotto, e ai medi, è quasi più forte, corposo, oserei dire portentoso. Al punto di dire meno male che c’è il controllo di trazione (regolabile), perchè pesta duro, la RS, quando si spalanca.

La rapportatura più corta gli ha dato quindi un carattere più deciso, mentre è volutamente meno incisivo agli alti regimi, diciamo che il bello è fino ai 8.000 giri, poi sale ancora parecchio ma la spinta cala.

Si guida come una classica naked, con dislivelli più comodi ma con verve da vendere su ciclistica decisamente onesta e coerente, adeguata, per altro nell’insieme è confortevole della cugina sportiva. E frena pure bene, niente da dire. Non è leggera ma si conduce molto bene sul misto, in virtù di una buona distribuzione dei pesi, perciò è tutto sommato piuttosto agile.

L’introduzione del controllo di trazione (disinseribile) K-TRC garantisce anche a chi è meno esperto di poter arginare l’esuberanza ai medi regimi di questo bel motorone. Sono due livelli di intervento progressivamente più invasivi. Il set 1 è per gli sportivi che non disdegnano morbidi wheelies di coppia in uscita di curva nonché di giocare un poco d’accelerazione in uscita di curva. Il set 2 è invece adatto al turismo tranquillo e per quando piove o il terreno è insidioso, come nelle aree urbane.

Le Dunlop GPR-300 nelle misure 120/70 e 180/55, non tradiscono le aspettative sul fronte turistico ma mostrano qualche limite forzando il passo con piglio sportivo.

(Testo di Alberto Cecotti)

Franco Daudo

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Franco Daudo

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