Ogni volta che si annuncia il lancio (o meglio il ritorno) di una nuova supercar a marchio Alfa Romeo il sangue torna a scorrere nelle vene al doppio della pressione e lo sguardo si fa immediatamente sognante. Perché forse ancora oggi non c’è marchio automobilistico al mondo che meriti più di quello con il Biscione dei Visconti, la continua presenza in gamma di un modello del genere, capace non solo di far sognare ma anche di rappresentare la somma di quello che l’Alfa Romeo è sempre stata e non può rinunciare ad essere: mai ripetitiva, sempre innovativa e in grado di dettare il passo. Considerazione che nel contemporaneo purtroppo si scontra puntualmente con la realtà, salvo rarissime eccezioni.
Un ragionamento che, ormai tanti anni fa, venne magistralmente interpretato da uno degli uomini che hanno fortunatamente segnato e continuamente reinventato l’estetica Alfa Romeo: Giorgietto Giugiaro. Ma questa volta non si parla di lui, o meglio non unicamente, bensì del suo erede Fabrizio Giugiaro che nel 1997 tratteggiò le forme di una nuova Alfa Romeo che, pur essendo perfettamente riconoscibile come tale riuscì a far compiere un salto in avanti all’immagine del marchio. Questa è l’Alfa Romeo Scighera, una concept car perfettamente riproducibile che immaginò il ritorno del marchio nel mondo delle supercar.
Le motivazioni di base che hanno generato questa affascinante proposta sono molteplici, ma le prime affondano nella volontà di rendere omaggio allo straordinario palmares agonistico della Casa, anticipando quella di voler posizionare nuovamente il marchio con un modello immancabile nella gamma.
L’Alfa Romeo Scighera il cui nome è un curioso omaggio a Milano, dove la parola dialettale identifica una nebbia molto fitta, viene voluta e supervisionata nello sviluppo dal giovane Fabrizio Giugiaro il quale è un appassionato pilota di auto da corsa. Lo stesso notò come “l’attuale gamma di Alfa – riferita a quella del tempo – è ben lontana dal suo posizionamento storico”, e quanto “Un’auto sportiva dalla tecnologia innovativa e una carrozzeria che interpreta i riferimenti della tradizione, si adatterà sempre all’immagine del marchio Alfa Romeo. Quindi abbiamo avviato il progetto Scighera”.
Fabrizio Giugiaro progetta l’auto considerando il rapporto tra il conducente e il propulsore con l’intento di valorizzarlo quale espressione del concetto completo di auto sportiva Alfa Romeo. Quale propulsore? Il leggendario motore V6 biturbo da 2959 cc (derivato da quello della grande berlina 164) è qui capace di 400 cv, uno 0-100 Km/h in 3,7 secondi e quasi 300 Km/h di velocità massima. Questo è montato in posizione posteriore centrale e scaricato a terra attraverso l’impiego della trazione integrale (di origine Lancia e utilizzato anche dall’Alfa Romeo 155) e di un cambio sequenziale a sei marce.
Ma il cuore ha bisogno anche di un organismo più ampio che funzioni a dovere, per cui l’Alfa Romeo Scighera ha carrozzeria in alluminio e telaio misto in fibra di carbonio e alluminio che ferma il peso totale a 1.447 Kg, non male per un’auto lunga 4320 mm, larga 1980 mm e alta solo 1145 mm.
Da buona tradizione di famiglia il disegno non guarda al passato ma al contrario si getta nel futuro risultando inconfondibilmente Alfa Romeo: il volume ad abitacolo avanzato è caratterizzato all’anteriore dagli originali fari circolari attraversati da un modulo verticale che le regala uno sguardo unico (“occhio di clown”), posizionati sulle creste degli ampi parafanghi che, insieme allo scudetto Alfa impostano tutto il frontale scavando il cofano. Questo “scavo” è dovuto anche ad un passaggio di aria che dal basso vettura attraversa il cofano stesso ricordando il musetto delle Formula 1.
L’abitacolo è una cupola trasparente attraversata dal particolare taglio del “montante” anteriore a gomito, e dalla struttura a spina centrale che separa le portiere apribili in due pezzi, finestrino-tettuccio (verso l’alto) e porta in fiancata per agevolare l’accesso; i finestrini si possono smontare trasformandola in una spider. Subito accanto l’abitacolo, spiccano due grandi prese d’aria accompagnate da altrettante nella parte bassa; queste sono costituite da una scomposizione a lamelle apribili al bisogno e ricavate all’interno di una forma vagamente triangolare.
La cupola dell’abitacolo continua generando l’ampio cofango posteriore che dà accesso (ribaltandosi all’indietro) prima al bocchettone del carburante e poi al motore in bella vista. Da questo si sviluppa uno spoiler che nello stesso momento incanala l’aria che proviene dall’anteriore ed espelle quelle calda del motore, aiutato da un’ulteriore uscita orizzontale a tutta larghezza che termina con i sottili fanali verticali. Un’ulteriore piccolo spoiler si regola per ottimizzare l’aerodinamica e fungere da aerofreno. Presentata al Salone di Ginevra del 1997 viene ammirata da tutti, insieme ad una versione GT (come modello statico) di colore rosso che esaspera ulteriormente la ricerca aerodinamica orientandola alle prestazioni assolute. Purtroppo al concept non segue neanche la paventata piccola serie, rimanendo un’esperienza isolata che ancora oggi fa sognare e sperare nel ritorno dell’Alfa Romeo nel dorato mondo delle supercar.
Autore: Federico Signorelli
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