Il nome dato a questa Dacia lunare è bello chiaro ed evidente: Manifesto. Esattamente come sullo degli inizi del ‘900 avevano realizzato i futuristi questa concept rappresenta il futuro di Dacia, a guardarla potrebbe assomigliare ad un Mars Rover o ad una dune buggy e sembra uscita da un film di fantascienza.
La Dacia Manifesto risulta essere squadrata come un cubo di Rubik, futurista nelle linee, furbissima in alcune trovate, con alcune già subito pronte per la produzione di serie, altre decisamente no. Con questo prototipo denominato Dacia Manifesto, che premettiamo subito non intende anticipare alcun modello, il brand del gruppo Renault dà una forma quanto mai plastica ai valori del proprio domani. Comunicando, anzitutto, di voler tenere fede ai propri capisaldi: ovvero la vocazione off-road tipica di Dacia, compresa di trazione integrale e accessibilità, che si tradurranno non più in un solo approccio low-cost ma anche nel miglior rapporto qualità prezzo, offrendo al cliente ciò che è realmente essenziale.
A questo verrà aggiunta anche una buona dose di rinnovo del design di Dacia, aspetto che, come sottolineano dalla Casa franco-romena, non comporta un costo, ma vuole ottenere una visione ed una linea aumentando il feeling con lo stile di vita outdoor. Questo approccio, che risulta essere sempre più in voga dopo la pandemia, vuole diventare un approccio costruttivo intelligentemente ecosostenibile, fatto di materiali riciclati e riciclabili come troviamo sulla Dacia Manifesto, ma anche di contenimento delle masse vere e proprie al fine di ridurre l’impatto sull’ambiente e ricorrere all’elettrificazione il giusto in modo da non aumentare eccessivamente i costi. Questi punti fermi sono riassunti dal costruttore in tre claim per la Dacia Manifesto: “essential but cool”, “robust & outdoor”, “eco-smart”.
Dimenticate in tutto e per tutto le Dacia che conoscete, la Manifesto rappresenta un unicum: cattura lo sguardo, sorprende, lascia letteralmente di stucco. Eppure, al tempo stesso, risulta essere un’auto estremamente minimalista e geniale nelle sue piccolezze. Non ha porte, né parabrezza, né finestrini, per mettere chi guida a contatto il più stretto possibile con la natura, essere in tutto e per tutto wild. Al frontale c’è un faro solo, che si stacca e diventa una torcia molto potente. Le gomme sono airless, ovvero senz’aria: non si bucano e, perciò, non serve averne un’uteriore di scorta. Nell’abitacolo, la plancia è realizzata in sughero, perfetta per fissarci delle foto ricordo con una puntina, come sulla lavagnetta di casa. I display digitali che vanno tanto di moda? Addio, basta solo quella di base e il telefono. L’infotainment è una cartina di tornasole della filosofia progettuale essenzialista: sfrutta infatti lo smartphone e l’app Media Control di Dacia. Questa soluzione costituirà l’offerta multimediale entry-level sui futuri modelli, come già avviene sulla Sandero, un gradino sotto il display e due sotto il display con navigazione integrata.
Se il design riprende ed enfatizza il look tutto spigoli della Bigster, senza trascurare, nel frontale, il family feeling con la gamma attuale, da poco ristilizzata con il nuovo emblema Dacia Link, il resto del progetto è una costante ridefinizione dell’essenzialità. La Dacia Manifesto, però, è anche una miniera di spunti e soluzioni innovative. Al tetto, un meccanismo di paratie ripiegabili e lacci, per ancorare tutto l’occorrente, permette di fissare il carico secondo un principio non dissimile a quello delle barre “flessibili” già viste sulla Stepway. Il tutto ovunque ti giri, scopri un’idea. Al posteriore, per esempio, non c’è un bagagliaio tradizionale, ma due contenitori che hanno l’aria di due borse da moto. Mentre uno è un classico vano, asportatile, il secondo contiene una batteria pronta ad alimentare qualsivoglia aggeggio vogliamo portarci dietro: magari degli strumenti da lavoro da utilizzare su quello che, al posto del classico cofano posteriore, si configura come un vero e proprio piano da lavoro mobile, pronto per riparare gli attrezzi.
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