Noi di Autoappassionati.it vediamo le auto ovunque, così anche il derby della Mole Juventus-Torino, che si giocherà domenica 23 febbraio alle 18.30 presso lo Juventus Stadium, diventa un facile pretesto per parlare d’auto. Gli sponsor delle titolate squadre di Serie A sono due leggende dell’off-road: Jeep e Suzuki; quindi quale occasione migliore per noi di giocare nel fango il derby con un Wrangler e un Jimny?
Wrangler e Jimny come Juve e Toro: figlie di filosofie diverse, ma forti e radicate nel tempo
L’idea di base è la stessa: telaio a longheroni, ridotte, design tirato col righello e tutto il resto chissenefrega. Perché in modelli come il Jeep Wrangler e il Suzuki Jimny quello che conta sono l’angolo di attacco e quello di uscita, l’altezza di guado, la robustezza dell’insieme. Non certo il diffusore di fragranze o l’infotainment con schermo touch, quella è roba da fighetti di città.
Uno americano, uno giapponese. Il Wrangler grosso che ti chiedi se lo hanno fatto così perché gli avanzava lamiera in magazzino, il Jimny stretto e alto che pare un’auto a pedali della Peg Perego. Uno pensato per il deserto del Nevada, la Death Valley, il Grand Canyon, la Route 66. L’altro che non gli daresti una lira e invece ai raduni di offroaders si mette dietro “ferri” ben più massicci, grazie a un set di chiodate e un peso da barattolo dei pelati.
Sono la metafora della gente che li costruisce. Il Jeep Wrangler essenziale e sfacciato come solo gli Yankee, con soluzioni tecniche da Guerra Fredda e interni di plastica dura, lavabili dalla sabbia e dal fango con un tubo dell’acqua. Il Suzuki Jimny con le caratteristiche di un fuoristrada vero, ma riprodotte al 60% delle dimensioni con una maniacale attenzione alla funzionalità, come se si stesse parlando di nanotecnologie. Il jeppone è oramai un’icona, tanto che la maggior parte dei Wrangler li vedi girare in città, con al volante gente che al massimo lo sterrato lo vede sui campi da golf. E pensare che avrebbe coppia e trazione per arare campi di patate, che spreco. Il Jimny invece ha tutt’altra clientela: gente a cui serve sul serio, perché il glamour è un’altra cosa. Cacciatori, montanari, veterinari, contadini, tipi così.
Insomma, il Suzuki Jimny come Davide e il Jeep Wrangler come Golia, ma senza esiti scontati. Ironica casualità il fatto che i loro marchi campeggino sulle maglie di due squadre a cui il paragone biblico calza a pennello? Torino e Juventus, Toro e Juve per gli amici. Anche loro giocano nei campi e non sull’asfalto, anche loro non hanno paura di sporcarsi, anche loro sono figlie di due filosofie diverse, ma forti e radicate nel tempo.
In un mondo pieno di crossover, di auto trasversali che vogliono fare un po’ di tutto, il Jeep Wrangler e il Suzuki Jimny sono eroi di un passato che speriamo sopravviva il più a lungo possibile. Sono spartani e a tratti scomodi, ma hanno una caratteristica oramai in via di estinzione nel mondo dell’auto: hanno una personalità vera, forte, ben delineata. Sono veicoli tecnici, pensati per fare una cosa sola – andare ovunque e in qualunque condizione – ma quella cosa sanno farla come nessun’altro. Lunga vita al Suzuki Jimny e al Jeep Wrangler, lunga vita alle auto con un’anima.
Sul campo di calcio una storia lunga 137 derby
Se si guardassero soltanto le statistiche e i precedenti storici, si potrebbe quasi pensare che, tutto sommato, il Derby della Mole converrebbe non giocarlo, e risparmiare il tempo per andare a farsi una passeggiata in centro, un weekend in montagna, un bel viaggio verso qualche località soleggiata. Già, perché nei 137 derby fin qui disputati in Serie A, la prevalenza di vittorie della Juventus è netta, nettissima, e, da un ventennio a questa parte, addirittura imbarazzante nei confronti del Torino. Ben 62 le vittorie bianconere, 42 i pareggi e soltanto 34 le vittorie granata, serie statistica ulteriormente accentuata nelle ultime stagioni.
E’ dal lontano 9 aprile 1995 che il Toro non supera i “cugini” in un derby: allora fu una doppietta del mai dimenticato bomber Ruggiero Rizzitelli a sbancare un Delle Alpi gremito, in quello che fu l’ultimo vero squillo granata. Quasi vent’anni sono trascorsi, e le due formazioni, più che mai, esprimono oggi due distinte filosofie e due differenti possibilità, fattori che nel calcio moderno contano sempre di più.
Incomparabile il monte ingaggi, con la Juventus che spende 115 milioni di Euro a stagione solo per gli stipendi dei propri giocatori, contro i circa 27 del Torino. Incomparabile la qualità, sulla carta, dei propri giocatori, con talenti del calibro di Buffon, Chiellini, Vidal, Pogba, Marchisio, Pirlo, Tevez e Llorente che fanno dei bianconeri, da due stagioni consecutive campioni d’Italia, i veri e propri mattatori del campionato italiano.
Il Toro, però, settimo in coabitazione con il Parma, non è mai stato così in alto in classifica nei tempi recenti, e, da almeno vent’anni, non aveva così tanta soddisfazione dai propri elementi di maggior qualità, rappresentata, in particolare, dalla coppia goal Immobile – Cerci, entrambi in profumo di azzurro, entrambi giocatori dal talento decisamente superiore alla media.
Un tempo si diceva che queste partite annullassero i valori tecnici, che contassero cuore e fame. Un tempo, si, questo era vero, ma nel calcio di oggi la qualità ha preso il sopravvento su tutto, e le occasioni nel quale il Davide di turno riesce a superare il Golia si sono fatte sempre più rare. I tifosi granata attendono la loro occasione da quasi vent’anni, e sognano che questa possa realizzarsi venerdì 23 febbraio allo Juventus Stadium. Da parte bianconera, del resto, venderanno cara la pelle: c’è uno Scudetto da vincere, ed una gerarchia da ribadire. Diceva Nereo Rocco, storico ed indimenticabile allenatore del Torino e della Nazionale: “Vinca il migliore? Speremo de no!”: dalla Curva Maratona, tana dei tifosi granata, sta riecheggiando questa frase…
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