Quanto può costare oggi un display rotto di un’auto moderna? La risposta, per chi non vive nel mondo parallelo delle officine ufficiali, potrebbe oscillare tra i 1.000 e i 2.000 euro. Ma nella realtà parallela del post-vendita automobilistico, il conto può raggiungere cifre che sfiorano l’assurdo: 13.075 euro, IVA inclusa, per il display centrale di una Kia Sportage. Un prezzo che da solo copre un terzo del valore commerciale dell’auto.
Il caso emblematico della Kia Sportage
La vicenda è reale, raccontata da DMove.it documentata da un preventivo ufficiale e raccontata da un automobilista che, dopo aver accidentalmente rotto lo schermo della propria Sportage, si è visto recapitare un preventivo da oltre 13.000 euro. La cifra, sorprendente anche per lo stesso titolare dell’officina, include un costo simbolico di 49 euro di manodopera, a fronte di un prezzo del pezzo talmente elevato da rendere qualsiasi altro dettaglio irrilevante.
Parliamo di un display LCD, non OLED, diviso in due sezioni: da una parte il cruscotto, dall’altra l’infotainment. Un componente sofisticato, certo, ma ben lontano dalla tecnologia di uno smartphone di fascia alta. Eppure il suo prezzo fa impallidire anche le riparazioni più onerose nel settore dell’elettronica di consumo.

Prezzi fuori controllo: un fenomeno sistemico
Quello della Kia non è un caso isolato. Basta una rapida ricerca sui social per trovare post indignati e testimonianze di proprietari che si sono trovati a pagare 3.500 euro per un fanale a LED o 5.000 euro per un sistema di infotainment. Cifre che mettono in discussione la sostenibilità economica dell’auto moderna.
Ma cosa alimenta questa inflazione nascosta dei ricambi? La totale assenza di trasparenza. I listini dei pezzi di ricambio sono accessibili solo alle officine autorizzate, mentre i clienti finali scoprono i costi solo nel momento del bisogno, spesso con spiacevoli sorprese.
Una normativa inesistente (per ora)
Nel settore tech qualcosa si sta muovendo. L’Unione Europea, nell’ambito della normativa sulla riparabilità degli smartphone, ha imposto non solo prezzi ragionevoli per i ricambi, ma anche la pubblicazione pubblica dei listini. Una misura che garantisce trasparenza e tutela il consumatore.
Per le auto, invece, tutto tace. Nessuna obbligatorietà di pubblicare i prezzi. Nessuna regolamentazione sui margini di guadagno delle case automobilistiche sui ricambi. Nessuna informazione chiara per il consumatore che si appresta a comprare un’auto nuova, ignaro dei potenziali costi di manutenzione e riparazione.
Quando i prezzi fanno nascere il mercato nero
Prezzi così elevati non fanno solo arrabbiare i proprietari: alimentano il mercato nero dei ricambi. Furti chirurgici di fari, display, volanti e infotainment sono sempre più frequenti, con bande specializzate che riforniscono officine non autorizzate e rivenditori online. Un sistema che si autoalimenta: più i ricambi originali costano, più il furto diventa redditizio.
La situazione è paradossale: il proprietario danneggiato non può permettersi il ricambio ufficiale, il mercato illegale prospera, e le case automobilistiche si trincerano dietro a un muro di silenzio. Kia, interpellata sul caso del display da 13.000 euro dai colleghi di Dmove.it, non ha ancora fornito una risposta ufficiale.
Serve adesso un cambiamento
Oggi comprare un’auto nuova significa stipulare un patto a scatola chiusa. Nessun cliente sa quanto costerà cambiare un fanale, un vetro, uno schermo o un pacco batterie. È tempo che anche il mondo dell’auto venga chiamato a maggiore responsabilità: la trasparenza sui ricambi deve diventare obbligatoria.