Non è una Superbike senza carenatura da domare con piglio deciso. E non è neanche una moto di ispirazione retrò. La CB1000R è semplicemente l’interpretazione, il perfetto ‘stile Honda’, della moderna moto essenziale definita ‘naked’ oppure, per usare un termine tornato in voga oggi, anche se in molti casi improprio, café racer. Lo ‘stile Honda’ cui accennavamo è in effetti una vera e propria filosofia ispirata dal fondatore Soichiro Honda, che ai suoi clienti ha sempre voluto offrire motociclette facili da usare, ben fatte e (possibilmente) senza difetti. Belle senz’anima, le ha definite qualcuno, ma la ricerca della perfezione tecnica a volte può portare anche a questo. Ma questo non è però il caso della CB1000R Neo Sport Café +, che carattere ne ha da vendere e con quel ‘plus’ ha in più, rispetto alla versione standard, manopole riscaldabili, comando rapido del cambio Quickshifter e un corto parabrezza, nonché la copertura della sella, la griglia che copre il radiatore, gli inserti del parafango anteriore e il parafango posteriore a filo ruota realizzati di alluminio.
La CB1000R non passa certo inosservata, coi tratti muscolosi e il monobraccio posteriore che non è una novità ma è sempre un dettaglio che fa la differenza. Ciò che stupisce, considerando che siamo pur sempre di fronte a una quattro cilindri di 1000 cc, è la sua relativa snellezza e il peso contenuto (e ben distribuito) che anche da fermo non mette in difficoltà.
Se a questa leggerezza (che non è apparente poiché siamo sotto di oltre 10 chili rispetto alla ‘vecchia’) uniamo un motore più potente (145 CV, 20 più del precedente) e con la coppia che ha il picco a 104 Nm ma offre un 5% di Nm in più ai regimi di maggior utilizzo (6-8.000 giri/min), ci rendiamo conto che pur non volendo essere una superbike senza carenatura (strada intrapresa da almeno un paio di noti concorrenti), la CB1000R sa offrire emozioni a volontà a chi ha la capacità di tenere aperto il gas, o meglio il ride-by-wire…
Nella colorazione Graphite Black la CB1000R Neo Sport Café + è oltremodo elegante; un po’ meno aggressiva quando veste lo Sword Silver Metallic. A questi colori, ma solo per la versione standard, si aggiunge il Candy Chromosphere Red.
Come adottato anche da Suzuki per le sue ‘naked’, inclusa l’ultima Katana, per il motore alla Honda hanno attinto dalle unità del recente passato della Fireblade. Si tratta di un quattro cilindri fronte marcia con misure caratteristiche di 75 x 56,5 mm compresso 11,6:1 e che monta pistoni fucinati e non pressofusi, come sulle ultime versioni del motore Fireblade. Cambia l’alzata delle valvole, con 8,5 mm all’aspirazione (era 7,9 mm) e 8,1 mm allo scarico (era 7,8 mm). All’alimentazione provvedono corpi farfallati da 44 mm di diametro (erano 36 mm) ed è stata rivista anche la forma delle camere di scoppio.
Nuovi l’airbox e il filtro aria, che rendono il percorso dei flussi dai canali al motore più rapidi ed efficienti in modo da massimizzare la respirazione del motore. Il rapporto di trasmissione è stato accorciato per migliorare l’accelerazione in tutte le marce, in particolar modo tra 30 e 130 km/h. Rinnovata anche la frizione, assistita per avere il comando più morbido e con dispositivo antisaltellamento utile nelle scalate.
Nuovo pure l’impianto di scarico, un 4 in 2 in cui 4 corti catalizzatori filtrano i gas che confluiscono in una camera centrale che alimenta il terminale. Un tubo di compensazione favorisce l’erogazione di coppia fino a 5.000 giri/min. Il risultato è un sound piacevole per l’orecchio dell’appassionato, specie dai 6.000 in su, pur senza essere troppo offensivo verso i tutori, e un peso complessivo più contenuto (11,2 kg contro i precedenti 15,7 kg).
Non ci sono sofisticate travi di alluminio per il telaio della CB1000R. Quella soluzione alla Honda l’hanno lasciata alle supersportive. Qui basta un monotrave che parte dal cannotto di sterzo e scende fin dietro il cambio, zona nella quale sono ricavati gli attacchi per le piastre di alluminio pressofuso cui è vincolato il perno del forcellone monobraccio di alluminio che è lungo 574,2 mm (14,7 mm in meno rispetto al precedente).
Il tipo di fissaggio del motore, definito ‘a diamante’, utilizza anche due bretelle anteriori in tubo d’acciaio che partono dal cannotto e terminano alla base del gruppo cilindri. Il passo misura 1.455 mm (10 mm in più del precedente), il cannotto di sterzo è inclinato di 25° per un’avancorsa di 100 mm. La distribuzione dei pesi vede il 49% dei 213 kg dichiarati (la Standard pesa 1 kg in meno) col pieno di benzina sull’anteriore.
La Showa fa parte dell’impero Honda e dunque la CB1000R non poteva montare componenti della concorrenza. Davanti c’è una forcella SFF-BP (Separate Function Front Fork – Big Piston) che ospita le funzioni di smorzamento in un gambo. L’ammortizzatore è regolabile nel precarico molla e del freno idraulico in rebound.
L’impianto freni è marchiato Tokico e consta di due dischi flottanti anteriori da 310 mm frenati da pinze a quattro pistoncini con atttacco radiale sui piedini della forcella. Dietro basta un disco da 256 mm frenato da una pinza Nissin a doppio pistoncino. Ben dotata in fatto di pneumatici, la CB1000R monta dietro un cerchio col canale da 6” con un 190/55 ZR17, mentre davanti tutto nella norma con pneumatico 120/70 ZR17. Sulla moto in prova gli pneumatici era dei Bridgestone Battlax Hypersport S21 F (ant.) ed R (post.)
Col Ride-by-Wire è un gioco da ragazzi, si fa per dire, gestire i riding mode. E con un motore così, docile fin che si vuole ma pur sempre ben dotato in fatto di coppia, ben vengano le 4 modalità previste per adeguare le prestazioni alle situazioni di guida (e alle capacità e coscienza di chi guida). Il sistema opera sull’erogazione della potenza (P), sul freno motore (EB) e sul controllo di trazione (HSTC), combinandoli in funzione della mappatura scelta.
Nella Standard i tre parametri sono settati a un valore medio. La spinta in prima e seconda diventa più fruibile, e si sente rispetto alla Sport, ma il carattere del motore non viene mortificato, segno che chi ha configurato questa modalità ha pensato ad accontentare tutti. In Sport sfrutta tutta la potenza in tutte le marce unita a un basso freno motore e un controllo di trazione meno invasivo.
Da lasciare ai più esperti e a chi utilizza il contagiri sempre sopra i 6.000. Nella modalità Rain l’erogazione è più dolce, il freno motore intermedio e il controllo di trazione più invasivo nelle prime 3 marce, per evitare brutte sorprese su fondo a bassa aderenza o quando si ha meno confidenza con questi livelli di potenza e coppia. Infine nella modalità User l’utente può selezionare e settare tutti i parametri a piacimento su ciascuno dei 3 livelli previsti, creando un suo ‘riding mode’ personalizzato.
Premesso che è dunque possibile scegliere il ‘carattere’ con cui si vuole dialogare con la CB1000R, saliamo in sella, posta a 830 mm da terra, e impugniamo il manubrio un po’ più largo di quanto ci si aspetta da una moto di questo tipo. La posizione di guida per la nostra taglia (media) è perfetta e dà una bella sensazione di controllo senza essere esasperata come sulle concorrenti più estreme: è una Honda e come abbiamo detto in apertura una delle sue doti quella di ispirare subito confidenza a chiunque.
Il cambio col Quickshifter non è un obbligo, ma quando c’è lo si apprezza eccome: salire di marcia a gas aperto e scalare senza toccare la frizione è una goduria, anche se per manovrarlo bene occorre un po’ di assuefazione per capirne soprattutto i limiti. E’ pur sempre un dispositivo meccanico di cui si apprezza la comodità prima ancora della capacità di aumentare le prestazioni in accelerazione. Il motore, votato più alla corposità dell’erogazione, non richiede un gran uso del cambio, anche se si va a un’andatura brillante. Dove ci si diverte davvero, ammesso che troviate un bel misto veloce con curve ampie raccordate da qualche breve rettilineo, è nello sfruttare la coppia che arriva alla ruota a partire dai 3.500 giri. Senza cambiare e fino ai 7.500 potete godervi veramente quella che è l’essenza della motocicletta.
Il motore riprende anche da più in basso senza tentennamenti, ma è pur sempre un quattro cilindri a corsa corta cu piace frullare. Le Bridgestone Battlax S21 ci sono parse adeguate alla moto e in grado di soddisfare anche chi piega di più, magari anche in pista. Le sospensioni sono tarate sul rigido, e non potrebbe essere altrimenti per potersi adeguare a un mezzo di questa massa e prestazioni. Non si galleggia sulle molle e questo è un bene, ma ne risente un po’ il comfort, cui non contribuisce la sella, imbottita l’indispensabile. Senza difetti, almeno per noi, i freni.
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