Stellantis Heritage, l’hub che racchiude la storia di Alfa Romeo, Fiat, Lancia e Abarth già dal 2015 (con FCA Heritage), non va per il sottile alla 39° edizione di Auto e Moto d’Epoca, in programma da domani a domenica 23 ottobre: 115.000 mq di superficie, 1.600 espositori, 130.000 visitatori e oltre 5.000 vetture in vendita: questi sono i numeri che fanno rientrare il Salone padovano nel novero delle principali manifestazioni d’Europa nel settore del motorismo storico.
Tra tanti gioielli del passato, per la prima compare in un salone aperto al pubblico l’Abarth Classiche 1000 SP. Ispirata alla Fiat Abarth 1000 Sport Prototipo del 1966, sua progenitrice storica, l’Abarth Classiche 1000 SP è una rarità che verrà prodotta solo su ordinazione e in un massimo di 5 esemplari, oltre ad essere la prima vettura in assoluto a sfoggiare uno dei marchi Classiche sotto l’egida di Heritage: tutte le informazioni sulla sportiva possono essere richieste allo staff presente sullo stand.
Lato Alfa Romeo, la Casa di Arese è pronta a svelare ufficialmente il programma Heritage Alfa Romeo Classiche e, allo stesso tempo, porta a Padova sia un’Alfetta in condizioni pari al nuovo e una S.Z. già restaurata e certificata dagli esperti tecnici di Heritage, normalmente visibile nell’hub torinese del quartiere Mirafiori (le visite guidate sono organizzate nelle giornate di mercoledì, venerdì e sabato e si possono prenotare a questo link). Due modelli legati da un’evoluzione tecnica che i fan del Biscione potranno riscoprire osservandole dal vivo e leggendo le loro schede.
L’Abarth Classiche 1000 SP rappresenta la reinterpretazione contemporanea della Sport Prototipo del 1966, una delle pietre miliari nella storia agonistica dell’Abarth. Lo stile, le prestazioni e le vittorie conquistate in tutta Europa fecero di questa icona della sportività uno dei modelli più amati della Casa dello Scorpione. Una vettura leggendaria che ha continuato a ispirare i designer del Centro Stile Fiat e Abarth tanto che nel 2009 viene concepita la sua erede. Nel 2021, a 55 anni esatti dal debutto dello storico modello, il progetto viene rielaborato e perfezionato da Abarth Classiche, dando vita a un’auto che conserva e attualizza tutto il carattere della sua gloriosa antesignana.
Nell’Abarth Classiche 1000 SP riecheggiano linee ed elementi estetici caratteristici dell’omonima sportiva degli Anni Sessanta. Il corpo vettura sinuoso – con le superfici morbide dei parafanghi che evidenziano la posizione delle ruote – riprende lo schema della spider a motore centrale. Le geometrie del posteriore della Abarth Classiche 1000 SP sottolineano un’armonia perfetta tra i gruppi ottici e gli scarichi. La livrea è rigorosamente rossa e su tutto il corpo vettura compaiono le caratteristiche prese d’aria, dal cofano anteriore fino agli slot di raffreddamento su quello posteriore. Anche la fanaleria rispetta lo schema minimalista della 1000 SP storica, con proiettori puntiformi sul muso e una sola coppia di fanali posteriori rotondi a sottolineare la notevole larghezza dell’auto dalla vista posteriore. La vettura è equipaggiata con un grintoso motore da 1742 cc, in grado di erogare 240 cv a 6000 giri al minuto.
La Fiat Abarth 1000 SP, nome in cui 1000 indica la cilindrata in centimetri cubi e SP le iniziali di Sport Prototipo – leggera e potente vettura da competizione a ruote coperte con carrozzeria spider due posti – nasce nel 1966 dalla matita del progettista Mario Colucci. Equipaggiata con telaio in traliccio di tubi d’acciaio e motore centrale, la 1000 SP viene portata in gara dalla Scuderia ufficiale Abarth e gli ottimi risultati ottenuti in prestigiose competizioni sono il miglior veicolo pubblicitario per promuovere la vettura presso i clienti privati.
La Sport Prototipo monta l’ennesima evoluzione del bialbero Abarth costruito intorno al basamento delle Fiat 600 ed è progettata per eccellere sia nelle brevi corse in salita sia nelle lunghe e impegnative gare di durata. Il leggero telaio e la carrozzeria in poliuretano e vetroresina mantengono il peso complessivo della vettura in 480 kg a secco, consentendo una velocità massima che supera i 220 km/h. Le linee semplici, basse e filanti, soprattutto nella parte anteriore, si devono alla collocazione ai lati del motore dei radiatori.
Il primo importante successo sportivo è nella massacrante 500 km sul circuito del Nürburgring, il 4 settembre 1966: l’Abarth 1000 SP condotta da Müller e Steinmetz vince la classe 1000, salendo sul terzo gradino del podio nella classifica assoluta.
L’eco di quella vittoria rimbomba a distanza di pochi giorni in Valle d’Aosta, alla corsa in salita Aosta-Pila. La voce dei due repentini successi comincia a dare i suoi frutti e in Abarth arrivano i primi ordini. Raggiunti i 50 esemplari prodotti, nel marzo del 1968 l’Abarth può ottenere l’omologazione Gruppo 4 Sport / Classe 1000.
La 1000 SP continua a inanellare successi. Beneficiando di numerose evoluzioni e trasformazioni, la vettura continua a correre per oltre un decennio, dando molte soddisfazioni ai piloti privati, disposti ad attendere anche parecchio tempo prima di ricevere la propria vettura ordinata in Abarth.
Presentata al pubblico durante il Salone di Torino del 1956 e riconoscibile per la caratteristica carrozzeria realizzata da Bertone su disegno di Franco Scaglione, la 750 Record ha un profilo studiato in funzione della massima rispondenza aerodinamica, per avvolgere e inglobare il posto guida e terminare nella sezione posteriore con una grande pinna.
Il propulsore, derivato da quello della Fiat 600, viene portato da Abarth a 750 cc ed è montato posteriormente a sbalzo. Dalla vettura di serie vengono mutuate anche le sospensioni e altri organi meccanici mentre il cambio, modificato, è dotato di soli tre rapporti con l’ultimo particolarmente lungo in base alle performance richieste. Anche se la potenza è di soli 47 CV, grazie alla scocca montata su un pianale in lamiera scatolare con un peso inferiore ai 390 kg e alle dimensioni contenute, la velocità massima è di oltre 190 km/h. Con questa vettura, nel giugno del 1956, Abarth stabilisce sul circuito di Monza ben sei record nella Classe H: 24 ore, 5000 km, 5000 miglia, 10000 km, 48 ore e 72 ore, con una velocità media mai inferiore ai 140 km/h.
Nel 1967 l’Alfa Romeo avvia uno dei progetti fondamentali per le sorti della Casa del Biscione: frutto di una costante ricerca di miglioramento e innovazione, esso si orienta allo studio della vettura che sarebbe diventata l’Alfetta (tipo “116”), il cui compito era quello di elevare ancora di più il livello tecnico delle berline sportive Alfa Romeo rispetto alle concorrenti. La vettura doveva essere il compendio dell’evoluzione tecnica e dei successi raggiunti nei vent’anni precedenti prima con la Giulietta e poi con la Giulia.
L’Alfetta – presentata nel maggio del 1972 – si rivela immediatamente un successo. Alla presentazione prende parte, come ospite d’onore, il pilota argentino Juan Manuel Fangio, Campione del Mondo di F.1 nel 1951 con la “159”, chiamata informalmente “Alfetta”: questa circostanza è un esempio significativo di come la storia e la tradizione abbiano sempre avuto un ruolo rilevante tra i valori dell’Alfa Romeo. L’Alfetta berlina del 1972 assume questa denominazione perché adotta una soluzione tecnica – il ponte De Dion posteriore, uno tra gli elementi principali della sofisticata meccanica della vettura – che si ritrova anche sulla monoposto del 1951. I contenuti tecnici dell’Alfetta ribadiscono ancora una volta la superiorità dell’ingegneria Alfa Romeo: equipaggiata con un motore da 1.8 cc in grado di erogare 122 cv a 5500 giri/min e raggiungere una velocità massima di 180 km/h.
L’Alfetta del 1972 è stata prodotta fino al 1984 nello stabilimento di Arese in 476.000 esemplari.
Prodotta soltanto in circa 1000 esemplari tra la fine del 1989 e il 1991, l’Alfa Romeo S.Z. (Sprint Zagato) è una sportiva di razza dalle linee aggressive e inconfondibili. Concepita nell’atelier Zagato, l’Alfa Romeo S.Z. viene assemblata praticamente a mano negli stabilimenti del carrozziere stesso alle porte di Milano. Montata su una sottoscocca in acciaio, la carrozzeria esterna è in materiali compositi, mentre pianale e meccanica derivano dall’Alfa Romeo 75 da competizione, con il motore tre litri V6 portato a 207 cavalli per una velocità massima di 245 km/h.
L’esemplare esposto è più che unico. Tra le prime prodotte, si tratta di una vettura “ex-works”, proveniente dal circuito di prova di Balocco, in cui è stata impiegata per sperimentare soluzioni differenti. Autentica vettura laboratorio, è diversa in alcuni dettagli rispetto alle altre S.Z. successivamente prodotte tanto da poter essere considerata un prototipo.
La vettura è stata smontata completamente e sottoposta a un accurato restauro nelle Officine Classiche di Heritage a Mirafiori. La carrozzeria è stata sverniciata e trattata. Gli interni sono stati completamente rigenerati secondo un approccio conservativo. Il serbatoio carburante è stato sottoposto a un intervento di pulizia con apposito trattamento. Accurati controlli hanno interessato anche il motore, integrando la sostituzione di oli, filtri e candele e un intervento di messa a punto generale. I cerchi ruote hanno beneficiato di un’accurata pulizia, che ne ha rispettato l’originalità, e i quattro pneumatici sono stati sostituiti.
Prodotta dal 1951 al 1958, l’indimenticabile Lancia Aurelia B20 ottiene fin da subito un grosso successo di vendite e si distingue in competizioni nazionali e internazionali.
Viene presentata al Salone dell’Automobile di Torino il 2 aprile 1951 e inaugura immediatamente una formula fino ad allora sconosciuta, quella della vettura Gran Turismo a 2 posti più 2 (di fortuna). Il suo brillante motore V6 (il primo nella storia dell’automobile) da 2000 cc, nato dal genio dell’ingegnere Francesco De Virgilio, eroga 75 cv a 4500 giri al minuto e consente alla vettura di raggiungere una velocità massima di 162 km/h: anche grazie a queste performance, l’auto ha un notevole successo commerciale nonostante il prezzo non irrisorio per l’epoca, 2 milioni e 600 mila lire.
La competizione scelta per il debutto della nuova vettura è la Mille Miglia del 1951, cui la Lancia prende parte con quattro B20 GT 2000 praticamente di serie. La vettura guidata dall’equipaggio Bracco/Maglioli ottiene un lusinghiero 2° posto assoluto dietro la Ferrari 4500 di Villoresi; l’eccellente prestazione viene confermata anche dai buoni piazzamenti delle altre tre vetture: 5°, 7° e 17° posto. Nel giugno del 1951, alla 24 ore di Le Mans, la B20 di Bracco conquista la vittoria di classe e il dodicesimo posto nella classifica assoluta. Sempre nel 1951, le B20 si impongono anche nella “6 ore” di Pescara e nella Coppa delle Dolomiti. I successi sportivi della B20 due litri si ripetono anche alla Mille Miglia dell’anno successivo, con un terzo posto assoluto e quattro vetture tra i primi dieci classificati: un bottino di prim’ordine, specie se comparato alla modesta spesa di preparazione delle vetture, che garantisce all’Aurelia grande visibilità e un’immagine di vettura di serie tanto efficiente e sicura da poter essere utilizzata con successo anche nelle competizioni.
Ancora oggi la Lancia Aurelia B20, la Granturismo per eccellenza, dimostra un fascino classico e senza tempo. L’esemplare esposto, elegantissimo nella sua carrozzeria nera abbinata agli interni in panno Lancia grigio, è uno dei 500 prodotti della prima serie nel 1951.
L’esemplare esposto, che non ha mai lasciato l’azienda e ha al suo attivo solo poche decine di chilometri, appartiene alla quinta e ultima serie della Delta HF Integrale (in gergo definita “Evo 2”).
Ennesima evoluzione della Delta a quattro ruote motrici (una vettura entrata nella leggenda dei rally con le sue sei vittorie consecutive del Campionato Mondiale, dal 1987 al 1992), sospensioni e freni potenziati ed un incremento di potenza del quattro cilindri turbo da due litri: la vettura arriva a sviluppare 215 cv, che le permettono di toccare i 220 km/h.
Da sottolineare infine che, accanto alla gloriosa sportiva – che incarna magistralmente, come l’Aurelia B20, la “timeless elegance” del Marchio – sono esposti i paraurti e i lamierati dedicati espressamente alla Delta Integrale, realizzati da Heritage e Mopar e disponibili in vendita per i collezionisti.
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