Questa volta è stato messo nero su bianco: l’Italia non è per nulla d’accordo con la fine della vendita dei motori a combustione interna prevista dall’UE per il 2035. A definire in modo palese e trenchant l’atteggiamento del nostro governo è stata la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, durante la conferenza stampa di fine anno.
Parole dure sullo stop alla commercializzazione delle automobili benzina e Diesel sono arrivate in conferenza: “non lo considero ragionevole, lo considero profondamente lesivo per il nostro sistema produttivo. Mi pare ci sia una convergenza abbastanza trasversale su questo a livello italiano e intendo utilizzare quella convergenza per porre la questione con forza”, ha comunicato Meloni.
Nessuno aveva mai nascosto che questo governo e il precedente avessero scarsa simpatia per la scelta dell’Unione Europea, collegata con il programma Fit for 55 non era mai stata nascosta, almeno leggendo le dichiarazioni dei ministri ed esponenti delle forze politiche alla luce dei fatti.
L’ultima dichiarazione verso questa scelta, in ordine di tempo, è stata quella del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, che all’ultimo Consiglio Ue di settore, tenutosi ad inizio dicembre, aveva bollato lo stop del 2035 come frutto di “integralismo pseudo-ambientalista”, rimarcando che “mettere fuori legge le auto a benzina e Diesel dal 2035, chiedendo nel contempo di passare all’Euro 7 dal 2025, non ha nessun senso economico, ambientale e sociale… lasciando in mezzo alla strada decine di migliaia di operai”.
La decisione presa dall’Ue non è piaciuta a Salvini, dal momento che, secondo lui, in questo modo l’Europa si “legherebbe mani e piedi alla dittatura cinese”. Questo perché il Paese asiatico risulta essere più avanti sulla via dell’elettrico e quasi monopolista per le materie prime prime per i pacchi batteria.
Anche nel precedente governo Draghi era emersa la contrarietà dell’Italia al cosiddetto phase out del 2035. Quella volta era arrivata in maniera più decisa da parte dell’ex ministro delle Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, oggi all’economia, e, in modo più articolato, da parte dell’ex ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, secondo cui non aveva senso “tecnico” puntare sull’elettrico, così come voleva fare l’Europa
Effettivamente ascoltando le parole di Thierry Breton, commissario Ue al Mercato interno e all’Industria, non tutto sembra risultare pienamente chiaro, anche se risulta essere proprio il suo dicastero ad aver proposto al Parlamento Europeo questa manovra.
Breton, in una lunga intervista ad alcuni quotidiani internazionali, aveva elargito preoccupazioni per le ricadute a livello occupazionale dello stop, chiedendo al contempo la predisposizione di un Fondo comunitario e annunciando una prima revisione della disciplina al 2026 quando si avrebbero avuto le idee più chiare.
In una nota diffusa in serata, il presidente dell’ACI, Automobile Club d’Italia, Angelo Sticchi Damiani, invia “un plauso al coraggio e alla chiarezza del premier Giorgia Meloni, che afferma con nettezza una verità ormai diventata verificabile da chiunque. Ovvero, che la messa al bando delle vetture endotermiche nel 2035 appaia una scelta davvero poco sensata”.
“Già dal 2019, durante l’annuale Conferenza nazionale del traffico”, evidenzia Sticchi Damiani, “l’Automobile Club d’Italia aveva lanciato lo stesso monito, più volte ribadito in questi anni e in tutte le occasioni e sedi possibili. Ci sono adesso le condizioni di scenario per poter ragionare e rivedere finalmente quella scadenza e le politiche che l’hanno generata, pur mantenendo l’obiettivo della riduzione delle emissioni climalteranti e del raggiungimento della massima sostenibilità ambientale, nell’interesse non solo del comparto automotive nazionale ma anche dei cittadini italiani”. Staremo a vedere cosa succederà nei prossimi giorni.
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