Creare la one-off più estrema di sempre? Un gioco da ragazzi se ti chiami Ferrari e se la tua intenzione è creare un’auto fuori dal comune, compito che ti riesce piuttosto bene visti gli esempi recenti. Con questo spirito, su precisi input del cliente, è stata concepita la nuova one-off del Cavallino, la nuova P80/C.
Nella realizzazione del progetto, il Centro Stile Ferrari, sotto la direzione di Flavio Manzoni, il team di Direzione Tecnica e gli aerodinamici Ferrari hanno lavorato in totale sinergia con il committente, condividendo principi e visione, con l’imperativo di dare alla luce una nuova “Hero Car”, dall’anima autentica, assolutamente unica.
Il cliente, la cui identità è rimasta ovviamente ignota, proviene da una famiglia di grandissimi appassionati della Casa di Maranello e viene annoverato tra i collezionisti con il garage più fornito di sempre di vetture di Maranello. Proprio lui ha espressamente richiesto un’auto che si ispirasse a vere e proprie icone della storia Ferrari: due nomi a caso, 330 P3/P4 e Dino 206 S.
È nata così una sport prototipo al passo coi tempi con la gentile concessione di parafanghi molto poderosi, costruiti per intersezione di superfici concave e convesse. Un progetto nato, in realtà, nel 2015: quasi quattro anni di gestazione che hanno permesso di ricercare, e ottenere, prestazioni da capogiro.
L’auto, omologata per la pista, e basta, sfrutta così il telaio della 488 GT3, impegnata nelle competizioni, con un passo più lungo di 50 mm rispetto alla 488 GTB. Rispetto all’impianto classico delle Ferrari 488, con linea tendenzialmente simmetrica rispetto alla cabina, un telaio GT permette di enfatizzare quell’effetto cab forward, di linea sbilanciata in avanti e allungamento della coda, che conferisce un carattere più aggressivo e compatto alla vettura e che ha rappresentato, sin dalle fasi iniziali di studio, uno dei punti cardine nell’impostazione dello stile.
Questo effetto di cabina interamente integrata nel body, è ulteriormente accentuato dalle superfici del parabrezza, che ricordano l’effetto “wrap-around” in continuità con i vetri laterali, elemento iconico del parabrezza delle sport prototipi del passato. Il tetto a visiera, con i due archi rampanti che si congiungono centralmente, dà l’impressione di un flying bridge. Sono queste alcune citazioni non soltanto della 330 P3/P4 ma anche un omaggio alla Dino e alle berlinette 250 LM.
Una profonda tasca, generata dalla presa d’aria sulla fiancata, si fonde graficamente con la fascia avvolgente dei vetri, provocando un effetto discendente verso il posteriore. Questo andamento dirompente fa da contrappunto al frontale a cuneo, imprimendo al posteriore l’aspetto di un poderoso “carrello”, che sembra quasi staccarsi dal resto della vettura.
Vista dall’alto, si può facilmente osservare come la sagoma della vettura da una massima larghezza, all’altezza dell’asse anteriore, si stringa poi molto, come ben evidenziato dal fuso della spalla, creando un effetto molto sciancrato sul taglio porta posteriore, per poi riaprirsi, riallargarsi con forza sul posteriore.
Lo sviluppo aerodinamico si è basato sull’esperienza acquisita con la 488 GT3, senza i vincoli imposti dai regolamenti internazionali. Lo splitter anteriore è specifico e, mentre la curva di espansione e i generatori di vortici del diffusore posteriore sono gli stessi usati sulla GT3, le superfici esterne sono specifiche per la P80/C. Il risultato si traduce in un miglioramento del 5% nell’efficienza complessiva, necessaria per sfruttare le capacità del motore la cui potenza non è limitata da restrittori.
Questa configurazione, in accoppiamento con l’adozione di un profilo alare portante aggettante rispetto al bordo d’uscita del tetto, permette una forte ricompressione del flusso a valle, che estremizza le performance deportanti della parte in coda del lunotto e dello spoiler. Il profilo portante, ispirato alla T-Wing delle F1 del 2017, ha infatti il compito di far richiudere velocemente il flusso a valle creando un lunotto ‘virtuale’ molto corto e una bolla di separazione estremamente limitata.
Il fatto che la P80/C sia una vettura omologata solo per l’uso in pista ha permesso di fare a meno di componenti che in una vettura stradale sono fondamentali e che condizionano molto lo stile. In particolare i fanali e i proiettori, intesi nel senso classico, nella P80/C spariscono. Sono ridotti a fessure, ricavate in nicchie che sul frontale ricordano gli alloggiamenti delle prese d’aria disposte sulla bocca della 330 P3/P4. A differenza della 330, nella P80/C gli alloggiamenti non sono inseriti all’interno di una bocca, in un ovale, ma sembrano quasi due tasche ricavate nella sezione della prua della vettura.
Lo stesso stilema lo ritroviamo sul posteriore: lo spoiler che, per necessità aerodinamiche, ha una larghezza notevole, integra i due fanali fortemente caratterizzanti e li fa percepire come due sfoghi d’aria, in perfetta coerenza con il frontale.
Anche la fascia posteriore, che lascia le parti meccaniche completamente a vista, è caratterizzato dall’architettura a forma di “catamarano”. Ciò ha consentito di svuotare completamente la parte interna, occupata essenzialmente da una griglia per l’evacuazione del calore del vano motore e di collocare l’importante diffusore posteriore, lasciando che rimanesse un elemento quasi a sé stante.
L’adozione poi di un lunotto concavo e di alette in alluminio a veneziana sul padiglione, citazione della 330 P3/P4, dà al posteriore della P80/C un aspetto unico e riconoscibile.
Su richiesta del cliente la vettura è stata concepita per avere una doppia anima: un assetto da gara, che prevede la presenza di un’ala riportata in carbonio, piuttosto vistosa, e ruote da pista monodado da 18’’, e una versione da esibizione, assolutamente priva di appendici aerodinamiche riportate, per valorizzare la purezza delle forme, in cui spiccano ruote da 21’’.
Nel suo insieme la P80/C è stata pensata per avere un chiaro significato di cosa sia capace di fare la Ferrari quando viene chiamata a elaborare un progetto così particolare. La F8 Tributo ci ha scaldato al Salone di Ginevra, ma era solo l’antipasto…
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