I primi anni Novanta non sono stati un periodo facile per la Ferrari. Orfana del Drake, mancato nell’agosto del 1988, e da oltre un decennio a digiuno di successi in Formula 1, la Casa di Maranello vantava in quel periodo una linea di prodotti non così appetibile, con lo stretching del progetto Testarossa, la controversa 348 e la granturismo 456 GT che a sua volta sostituiva la 412, rimasta sul mercato per quasi diciassette anni.
In questo contesto la F40 rappresentava un fiore all’occhiello, ma la sua produzione era esaurita da tempo e non si poteva aspettare il cinquantennale per far debuttare sul mercato la sua erede. Produrre in fretta una nuova supercar era dunque una questione di immagine ma anche di cassa…Così la Ferrari F50 è pronta nel 1995 e le differenze con la F40 sono marcate, anche se tra le due c’è una certa assonanza nelle proporzioni generali.
La nuova supercar di Maranello ha la carrozzeria barchetta con tetto rimovibile, linee tondeggianti e un nuovo propulsore da 4,7 litri V12 aspirato derivato direttamente dalla Formula 1. Linee che, viste a 360°, fanno ancora battere il cuore agli appassionati.
La storia di questo motore è uno dei grandi esempi dell’abilità italiana di fare necessità virtù, anche in campo ingegneristico. Il monoblocco, infatti, deriva strettamente da quello utilizzato nella Formula 1 delle stagioni 1990 e 1991, con la cilindrata aumentata da 3,5 a 4,7 litri. Questo soluzione fu adottata perché i regolamenti stavano cambiando e nel 1996 la Ferrari avrebbe gareggiato nella massima competizione automobilistica con un il primo 10 cilindri della sua storia, di 3 litri di cilindrata.
Era dunque un peccato gettare alle ortiche tutta l’esperienza accumulata con il V12 di 65° e così nacque il motore della F50. Ha il basamento in ghisa molto sottile, la testata in lega leggera, la distribuzione a 5 valvole per cilindro, le punterie idrauliche e i cornetti di aspirazione ad altezza variabile. Il regime di rotazione è ridotto rispetto all’unità della F1 ma esprime comunque la potenza massima di 520 CV a 8.500 giri e una coppia di 471 Nm a 6.500 giri. Per gli amanti dei numeri sono 111 CV/litro, un record per gli anni Novanta.
Ma la Ferrari F50 non ha solo il cuore di una Formula 1, ma anche il layout tecnico a partire dal motore stesso che è imbullonato nella monoscocca in kevlar (pesante solo 102 kg) e ha funzione portante per il cambio e il retrotreno. Quest’ultimo, come del resto l’avantreno, è del tipo push-rod con quadrilateri sovrapposti.
La trasmissione è rigorosamente manuale a 6 rapporti, prodotta internamente dalla Ferrari e coadiuvata da un differenziale autobloccante. Quanto agli aiuti elettronici, semplicemente non ci sono, nemmeno l’ABS o il servosterzo, figurarsi il controllo di trazione. A detta di chi l’ha guidata, tuttavia, quest’ultimo non è così necessario, visto che la potenza del motore è espressa tutta agli alti regimi.
Per il resto, invece, la Ferrari F50 è stata ed è ancora un’auto da veri manici e il suo tempo di 3,8 secondi sullo 0-100 km/h, che oggi è alla portata di molti SUV, non deve ingannare. Questa, a differenza di tante altre, è l’auto stradale più vicina (non parliamo di hypercar, badate bene) a una Formula 1 mai prodotta.
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