DR Auto ed EVO sono finite nel mirino dell’Antitrust. A destare dubbi è l’italianità dei modelli pubblicizzati, che in realtà sono di importazione cinese. A seguito delle numerose vendite e dell’innegabile crescita sul mercato, Antitrust e Guardia di Finanza starebbero indagando per “informazioni ingannevoli riguardo al luogo di produzione degli autoveicoli a marchio DR ed EVO”. Scopriamo meglio cosa starebbe succedendo.
Il 2023 è stato sicuramente un anno da record per DR ed EVO. I due brand, che fanno parte del DR Automobiles Group, sono riusciti a vendere qualcosa come 21.056 auto a marchio DR e 5.623 a marchio EVO, e il Gruppo ha ottenuto una quota di mercato totale pari al 2% delle vendite di auto in Italia. Numeri di tutto rispetto, volumi di vendita eccezionali, a tal punto da sollevare qualche dubbio da parte degli inquirenti.
A ottobre 2023, infatti, il Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza ha eseguito una serie di ispezioni presso la sede della DR Automobilies s.r.l,. mentre l’Autorità Garante ha aperto formalmente un’istruttoria per “informazioni ingannevoli riguardo al luogo di produzione degli autoveicoli a marchio DR ed EVO”. Se gli automobilisti vengono fortemente attratti verso questi brand per i loro prezzi accessibili, fa gola anche il fatto che il marchio venga pubblicizzato come interamente italiano. È proprio quest’ultimo fattore che si è mossa l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, esprimendo alcuni dubbi.
Secondo Antitrust:
“La società rappresenterebbe in modo non corretto, sia sul proprio sito internet aziendale, sia in campagne pubblicitarie online e sui mass media le informazioni che riguardano il luogo di produzione degli autoveicoli a marchio DR ed EVO. La casa automobilistica ometterebbe informazioni rilevanti sulla loro origine, lasciando intendere che siano prodotti interamente in Italia, mentre si tratterebbe di veicoli di produzione cinese”.
Quindi molti consumatori potrebbero essere stati indotti ad acquistare un’auto DR o EVO convinti di acquistare un prodotto italiano, ritrovandosi invece al volante di un’auto importata dalla Cina. Questa situazione si ripresenterebbe con conseguenze di tipo pratico per i pezzi di ricambio, che potrebbero anch’essi essere di provenienza cinese. In caso di guasto o necessità di sostituire un componente originale della vettura, quindi, occorrerebbe effettuare un ordine in Cina e attendere che il pezzo arrivi dal paese asiatico e passi i controlli doganali. Le indagini di Guardia di Finanza e Antitrust non si fermano e se dovesse essere accertato quanto ipotizzato nell’istruttoria, DR potrebbe essere sanzionata e obbligata a dichiarare che le sue autovetture non sono prodotte in Italia.
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