Dopo otto mesi di indagini, la Commissione europea ha preso una decisione ufficiale, sebbene non definitiva: impone extra-dazi alle auto cinesi. Elettriche e no, purché arrivino dal Paese del Dragone. Partiranno il 4 luglio 2024, e saranno “ad personam”: da un minimo del 17,4%, a un massimo del 38,1%, in base alla Casa orientale. Maggiori i sussidi che il costruttore ha avuto da Pechino, e inferiore il grado di collaborazione dell’azienda coi funzionari, superiore il dazio. Serve la ratifica dagli Stati membri entro il 2 novembre 2024, entro quattro mesi dalla loro istituzione in via provvisoria. Poi dureranno cinque anni.
Per capirci, una tassa più forte tanto più il cinese ha “barato”. Perché di questo si tratta: l’Ue ha indagato su un eccesso di aiuti da parte del governo di Pechino alle Case locali, cosa che avrebbe favorito la pratica illegale del dumping, consentendo alle società della nazione della Grande Muraglia di praticare prezzi bassi. E di fatto divenendo infinitamente più competitive delle Case occidentali. C’è un’alterazione artificiale della libera concorrenza nel libero mercato. Come una squadra di calcio che fa uso di doping e corrompe gli arbitri in maniera più o meno esplicita.
I dazi Ue sono del tutto diversi da quelli Usa. La Casa Bianca li ha già portati al 100% per tutti. Il Vecchio Continente li modula in funzione del costruttore, e comunque si arriva al 38,1% tutt’al più. In dettaglio, il gigante BYD si vede appioppare un dazio del 17,4%, il colosso Geely del 20%. Per SAIC siamo al 38,1%. Alcuni costruttori cinesi hanno collaborato seppure non fossero inclusi nelle ispezioni: a questi, tasse del 21%. Agli altri produttori di elettriche il 38,1%. In quanto a Tesla, che produce in Cina ed esporta in Ue, a seguito di una richiesta motivata, questa potrà pagare un’aliquota calcolata individualmente nella fase definitiva.
Si diceva all’inizio: dazi provvisori. I membri Ue dovranno dire sì, e allora le tasse diverranno definitive per cinque anni. Qui si gioca una partita di fuoco. Contro le barriere, c’è addirittura la Germania, abituata da sempre a dettare legge in Ue. Potrebbe fare da locomotiva, portando al no anche altre nazioni (anzitutto la Svezia). I big teutonici, BMW, Mercedes e Volkswagen hanno interessi fortissimi in Cina, e la certa reazione di Pechino li danneggerebbe. Come rischia di causare guai a tutte le aziende Ue che esportano nel ricchissimo Paese del Dragone. A proposito, di quale ritorsione parliamo? Ora si aspetta la risposta del Partito Comunista Cinese, sia sotto il profilo economico sia dal punto di vista dell’immagine davanti al pianeta: tutto il mondo guarda a come Pechino reagisce di fronte ai dazi Ue.
La Commissione Ue potrebbe comunque discuterne con Pechino e con le Case cinesi, in una sorta di contraddittorio dove ognuno espone le proprie tesi. Per il ministero degli Esteri, Lin Jian, siamo in pieno protezionismo, contrario alle basi dell’economia di mercato e del commercio internazionale, compromettendo la cooperazione economica e commerciale tra Cina e Ue.
Del tutto contraria ai dazi l’associazione europea dei costruttori Acea: sì al commercio libero ed equo per creare un’industria automobilistica europea competitiva a livello globale. Il settore automobilistico europeo necessita piuttosto di una strategia industriale per l’elettromobilità, ha spiegato il direttore generale Sigrid de Vries: l’accesso a materiali critici e energia a prezzi accessibili, regole, colonnine ricarica, incentivi.
Ola Källenius (capo Mercedes) è molto critico: “Come nazione esportatrice, quello di cui abbiamo bisogno non è un aumento delle barriere. Dobbiamo lavorare per smantellare gli ostacoli al commercio nello spirito del Wto”. In risposta, il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, ha scritto su X: “Il nostro obiettivo non è chiudere il mercato europeo ai veicoli elettrici cinesi, ma garantire che la concorrenza sia leale”.
Una situazione anomala e delicata. Per anni, l’Ue ha aperto le porte alle Case cinesi che fanno auto elettriche a prezzo basso, imponendo la fine delle vendite delle termiche nel 2035. Adesso impone dazi alle stesse cinesi, seppure queste abbiano un margine di profitto enorme: vendono in Ue a prezzi notevolmente superiori che in Cina. Saranno dazi utili o serviranno solo a stimolare la reazione di Pechino? E se proprio i dazi occorreva piazzare, allora non sarebbe stato meglio imporre tasse vere del 100% anziché queste di massimo il 38,1%?
Autore: Mr. Limone
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