Auto elettrica, tagliola europea di settembre 2024. Da una parte, a luglio 2024 nel Vecchio Continente, la quota delle full electric è scesa al 13,6% contro il 14,5% dello stesso mese del 2023; mentre in Germania (il maggior mercato dell’area) la fetta delle vetture a corrente è crollata al 12,9% contro il 20% dell’anno scorso. Macchine viste come troppo costose, specie in assenza di incentivi statali, e scomode, soprattutto per la carenza di colonnine. Dall’altra parte, il numero basso di elettriche consegnate scatena il rischio di multe pesantissime ai costruttori da parte dell’Unione europea: 15 miliardi di euro, come quantificato dal capo del Gruppo Renault Luca de Meo.
Risultato: le Case devono vendere più elettriche, mentre la domanda delle stesse va a picco. Una trappola senza precedenti per il settore automotive europeo, sebbene alle decisioni della politica ultra green non ci sia mai stata un’opposizione vera dei top manager delle aziende.
Tutto ruota attorno alla famigerata CO2, l’anidride carbonica, un climalterante: nel 2025, il limite massimo delle emissioni medie delle vendite di veicoli nuovi deve precipitare a 94 grammi per km dai 116 g/km del 2024. O le auto elettriche spiccano il volo a livello di consegne, o i costruttori si vedono appioppare ammende gravosissime. L’altra soluzione, in parallelo e non in alternativa, è immatricolare meno auto a termiche (benzina, Diesel e ibride leggere), attorno a 2,5 milioni di veicoli annui, così che la media delle emissioni scenda. Affinché le vetture tradizionali, di gran lunga le più richieste, siano meno vendute, può darsi che le Case alzino i listini.
Pertanto, le aziende automotive in UE sono spinte a consegnare più elettriche (non volute dai clienti) e meno termiche (le più desiderate), al contempo tagliando le fabbriche, causa sovrapproduzione: troppa offerta rispetto alla domanda. Un cortocircuito epocale, frutto anche di decisioni puramente politiche: qualsiasi tecnologia (dagli elettrodomestici ai computer, passando per smartphone e auto) è stata sempre liberamente premiata dal consumatore europea, senza imposizioni da Bruxelles sulla scorta di ideologie e dogmi.
Il celebre bando termico 2035 piazzato d’imperio dall’UE potrebbe essere discusso nel 2026, quando è prevista la clausola di revisione (anche se l’Italia presto proporrà di rivederlo già nel corso del 2025). Da capire quali siano le intenzioni della Commissione UE di fronte al pericolo imminente di forti tagli occupazionali, che coinvolgono specie Volkswagen. Ma siamo solo all’inizio, è non va escluso che l’auto elettrica provochi danni ingenti anche ad altri giganti. Senza considerare l’indotto.
L’Italia vorrebbe che il no al termico fosse discusso a breve. Per far slittare la data del divieto a molto dopo il 2035. Considerando il peso politico del nostro Paese nell’Ue, al solito sarà la Germania a decidere per tutti: in passato, appena Berlino ha dato l’ok al bando con l’apertura per gli e-fuel, Bruxelles ha dato il via alla normativa. Un debolissimo (in terra tedesca) governo Scholz, con estrema sinistra ed estrema destra che avanzano impetuosamente dopo il fallimento delle politiche dei Verdi, sarà l’ago della bilancia per il futuro dell’automotive. Situazione imbarazzante.
Autore: Mr. Limone
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