Tecnica

Cambio automatico: cos’è e come funziona

Tempo di lettura: 4 minuti

Il cambio automatico lo conosciamo tutti: permette di muovere l’auto senza premere il pedale della frizione (che peraltro è assente) o inserire manualmente le marce. Questo dispositivo pensa a tutto, ma non tutti i cambi automatici sono uguali nel loro funzionamento. Vediamoli insieme.

Quando nasce il cambio automatico?

Il cambio automatico si è diffuso negli Stati Uniti a partire dagli anni cinquanta, mentre è stato meno usato in Europa, almeno fino al decennio scorso. Il principale motivo era dovuto alla riduzione dell’efficienza energetica e quindi maggior consumo di carburante causato dal cambio automatico, particolare evidente nei primi modelli. Un secondo motivo è legato alla maggiore cilindrata media delle macchine americane con conseguente disponibilità di alte potenze, differentemente dal parco auto europeo.

Il primo brevetto di un “cambio automatico progressivo di velocità” venne presentato e registrato in Italia nel 1931, a nome di Elio Trenta (1912-1934) di Città della Pieve. I modelli Oldsmobile del 1940 furono i primi veicoli ad avere un cambio completamente automatico, chiamato Hydra-matic, a quattro rapporti e senza frizione. Su questi modelli l’opzione cambio automatico era offerta a soli 57$. Negli anni cinquanta Oldsmobile produsse milioni di automobili con cambio automatico, dimostrandone la popolarità negli Stati Uniti.

Il cambio automatico idraulico fu poi introdotto da General Motors, Chrysler e Borg-Warner (produttore di cambi per Ford) nei primi anni cinquanta. I primi modelli avevano due rapporti e non erano in grado di trasmettere molta coppia, poi a breve furono prodotti modelli a tre rapporti.

Negli anni ottanta si è avuto un salto tecnologico con l’introduzione della quinta marcia, che ha migliorato il rendimento energetico dei cambi idraulici nei lunghi viaggi. Un altro miglioramento notevole risalente al medesimo periodo fu l’introduzione del convertitore di coppia a frizione (TCC o Lockup torque converter). Il sistema consiste nell’abbinare al convertitore di coppia una frizione comandata da un elettromagnete, in grado di connettere direttamente l’ingresso con l’uscita quando richiesto dal computer di bordo. Eliminando gli attriti del fluido nel convertitore di coppia a velocità elevate, questo sistema offre un ulteriore risparmio di carburante.

Con l’aumento delle prestazioni delle centraline, tra gli anni ottanta e novanta una parte sempre maggiore delle funzioni delle valvole è stata trasferita nell’elettronica. Il controllo delle valvole da parte del computer rende l’intervento più preciso e consente in alcune auto l’adozione del controllo robotizzato o anche “semisequenziale”, in cui il guidatore indica al computer quali rapporti inserire. Questi cambi migliorano notevolmente il comportamento in discesa e l’utilizzo del freno motore; alcuni modelli sono in grado di riconoscere lo stile del guidatore e adattarsi di conseguenza.

Quanti tipi di cambio automatico esistono?

Ne esistono almeno quattro principali:

  • Il cambio robotizzato. Nulla di più di un cambio manuale collegato a degli attuatori meccanizzati che lo movimentano come se l’azione venisse dalla leva del cambio e dalla frizione. Raggiungono l’apice intorno agli anni 2000 sulle supercar più blasonate. Ormai abbandonati per la loro scarsa velocità di cambiata.
  • Il cambio CVT, un particolare tipo di cambio automatico, detto cambio continuo o a rapporto variabile, non ha rapporti fissi predeterminati, ma può variare il rapporto di trasmissione con continuità entro l’intervallo di lavoro. Funziona con una cinghia e due ingranaggi conici. La cinghia spostandosi all’interno delle conicità crea rapporti differenti senza soluzione di continuità. E’ simile al sistema usato sugli scooter. E’ in voga su alcune citycar e si sposa con i sistemi ibridi di Toyota e Lexus. Il vantaggio è che non si sente il passaggio di rapporto, non essendoci marce discrete.
  • Il cambio a convertitore di coppia. Il più diffuso cambio automatico è quello a rotismi epicicloidali. Un gruppo di sistemi epicicloidali in serie consentono di realizzare ciascuno un cambio di rapporto mediante il solo intervento di freni che agiscono, a seconda dei casi, sulla corona, sul pignone o sul portasatelliti, e talvolta anche mediante l’uso di frizioni (di solito multidisco) che rendano solidali tra loro due di questi tre elementi. Il comando automatico della cambiata viene realizzato di solito sfruttando la pressione di un fluido in un circuito idraulico azionato secondo le informazioni ricevute da diversi sensori: un rilevatore di velocità, il carico pedale, la pendenza, l’azionamento dei freni, ecc…
  • Il cambio doppia frizione DCT (Dual Clutch Transmission). Il DCT dispone di due frizioni, ciascuna azionata da un servomeccanismo elettrico, e di un sistema che vede i due alberi disposti in modo coassiale (quello esterno cavo sopporta gli ingranaggi delle marce pari mentre quello interno porta le marce dispari). L’innesto e disinnesto contemporaneo dei due rapporti rende il passaggio marcia istantaneo, senza interruzione di coppia, mentre il layout meccanico resta estremamente compatto. Il sistema degli alberi coassiali funziona in modo sequenziale e la centralina di controllo seleziona autonomamente la marcia che verrà innestata successivamente, in accelerazione o in frenata, oppure è in grado di “saltare” istantaneamente a qualsiasi rapporto. In questo modo si ha la garanzia di avere sempre la marcia giusta anche in caso di rapida accelerazione (kickdown) o di brusca frenata.

Come interagisce con il guidatore il cambio automatico?

La potenza viene trasferita in modo continuo, senza interruzioni e questo migliora sia le prestazioni in accelerazione sia il comfort. Infine, un altro aspetto tenuto in considerazione è stata la riduzione della rumorosità e delle vibrazioni, ottenuta con l’adozione di uno smorzatore esterno che assicura il migliore isolamento e silenziosità dell’intero sistema di trasmissione.

Oggi i moderni cambi automatici hanno tutti una maggiore efficienza rispetto al passato. E per questo in alcuni casi rispetto a prima, è possibile ottenere una sensibile riduzione dei consumi e delle emissioni, rispetto alla stessa vettura manuale.

Il cambio automatico viene gestito mediante una leva di selezione elettronica o rotativa con diverse posizioni: una modalità di guida “D”, la posizione di folle “N” e la modalità retromarcia “R”. Il bloccaggio per il parcheggio viene attivato premendo il pulsante “P”. La modalità “S” può essere attivata dalla posizione “D”, permettendo uno stile di guida particolarmente sportivo nonché un intervento manuale nella scelta del rapporto del cambio.

Per evitare consumi di carburante non necessari quando ci si ferma ad un incrocio, per esempio, la trasmissione automatica permette anche l’utilizzo della funzione start/stop del motore. Inoltre, la funzione di ‘veleggio’ è talvolta disponibile. Qui la trasmissione è disaccoppiata non appena il guidatore toglie il piede dall’acceleratore. Ciò permette alla vettura di avanzare al minimo, senza alcun effetto frenante del motore e con un consumo di carburante minimo.

Mauro Giacometti

Classe 88. Automotive Engineering. Mi piace la musica, ma… non quella bella, principalmente quella di cattivo gusto e che va di moda per poche settimane. Amo sciare, ma non di fondo: non voglio fare fatica. La mia auto ideale? Leggera, una via di mezzo tra una Clio Rs e una Lotus Elise. Ma turbo! Darei una gamba per possedere una “vecchia gloria” Integrale.

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