Quello che vogliamo portare alla luce in questo articolo è passato po’ in sordina durante la “Conferenza delle Parti” (Cop26) voluta dall’ONU a Glasgow. Durante il meeting l’Italia ha effettuato una scelta che ha destato interesse, ma non è l’unica: anche altri big dell’auto europei, come Germania, Francia e Spagna, non hanno firmato il patto per lo stop alla vendita delle auto con motore termico entro il 2035.
Le ragioni del “no”, condiviso anche da molti colossi dell’auto, sono state spiegate direttamente da Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico, che ha rilasciato alcune dichiarazioni sulle pagine del Corriere della Sera, in un articolo firmato da Federico Fubini.
“Dobbiamo affrontare la transizione ecologica con un approccio tecnologicamente neutrale”, denota Giorgetti, secondo cui “decarbonizzare non può diventare sinonimo di elettrico. Tutti vogliamo combattere l’inquinamento, vivere in un mondo più sano e compatibile con l’ambiente e, per questo, non possiamo bocciare altre strade in modo pregiudiziale”. Così il ministro spiega la scelta fatta.
In pratica, Giorgetti ritiene che l’abbandono del motore a combustione non dovrà passare solo attraverso le batterie e aggiunge: “Devono proseguire ricerca e sviluppo su altri combustibili non fossili, sui quali le nostre imprese stanno facendo investimenti importanti”.
Dopo quello che è stato scelto a Glasgow, non sembra essere affatto scontato che il nostro Paese possa dire “sì” ad una nuova proposta sullo stop alle immatricolazioni di vetture endotermiche nel 2035, che è recentemente arrivata dalla Commissione Ue con il pacchetto di riforme climatiche Fit for 55: “Il Governo italiano – spiega il ministro – deve parlare in modo chiaro e a una sola voce in Europa”.
Giorgetti ricorda che il Mise sta lavorando per fornire aiuto alle imprese nel “passaggio difficile” della transizione energetica e per consentire all’industria “di essere trainante e un punto di riferimento in tutto il settore dell’automotive”. Non si deve pertanto, secondo il ministro, cadere “in trappole ideologiche”, perché “non serve all’ambiente, alle nostre imprese e ai consumatori”. Il percorso da seguire, conclude, deve “essere molto razionale”.
Autore: Alessio Richiardi
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