70 mila posti a rischio, prezzi più alti, minore assistenza. Questa la denuncia di Federauto (l’associazione di categoria che riunisce i concessionari italiani) riguardo al rischio paventato dall’entrata in vigore del nuovo regolamento europeo 2022 sulla distribuzione, ora in fase di discussione. Tale regolamento, prevedrebbe la possibilità per le case madri di aumentare la propria marginalità diventando venditori diretti principamente attraverso la vendita online.
La vendita online delle autovetture non porterà vantaggi al consumatore finale, anzi. Secondo Federauto, questa modifica potrebbe portare con sé alcune insidie, tra cui una minore assistenza e un aumento dei prezzi.
Sul tema, il presidente di Federauto Adolfo De Stefani Cosentino ha dichiarato: “La volontà della maggioranza delle case di incrementare la marginalità modificando i rapporti contrattuali con i propri concessionari ed entrando direttamente nel mercato B2C, ossia rivolgendosi al cliente finale attraverso la vendita online, trasferirà molte funzioni oggi appannaggio dei concessionari in seno alle case automobilistiche, di fatto annullando quel terreno negoziale che sinora ha permesso al concessionario di formulare la migliore offerta per rispondere alle diverse esigenze del consumatore, dal ritiro dell’usato al finanziamento del nuovo acquisto.”
Trasformate in agenti a provvigione e schiacciate dal peso del nuovo sistema, le concessionarie rischiano di sparire mettendo alla porta quasi 72 mila lavoratori: “La discesa in campo delle Case con la vendita diretta online metterà fuori gioco i distributori, quindi i concessionari, per poi acquisire il controllo della domanda, con condizioni non più negoziabili.”
Oltre l’aspetto umano non trascurabile, va considerato anche quello fiscale. Attualmente le concessionarie incidono sul PIL nazionale per il 3% e per il 5% del gettito fiscale. Nel caso in cui il regolamento dovesse entrare in vigore così siffatto, si avrebbe una trasformazione che vedrebbe scendere le rispettive quote contributive del PIL (all’1,8%) e fiscali (al 3%). Senza contare che i dealer, in quanto aziende nazionali, versano i contributi localmente; cosa che non si può dire per realtà con sedi legali estere, con ulteriori risvolti economici.
70 mila posti di lavoro, quelli delle concessionarie auto, in meno, prezzi più alti, minor assistenza, minor gettito fiscale: ne vale davvero la pena in un periodo storico così tanto incerto?
Autore: Marco Zuffada
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