Storiche

Chrysler-Lamborghini Portofino. Innovazione critica

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Era il 23 aprile del 1987 quando i fratelli di origine francese Patrick e Jean-Claude Mimran, giovani imprenditori dello zucchero diventati nel 1980 proprietari del marchio Lamborghini (acquistato dal Tribunale di Bologna per 3,85 miliardi di lire), lo vendettero al colosso statunitense Chrysler. Una notizia che inizialmente fu accolta con entusiasmo nella prospettiva di un nuovo impulso dato alla Lamborghini dai consistenti capitali, e relativi investimenti, che l’azienda automobilistica statunitense poteva riversarvi. In effetti fu così. Purtroppo l’unica problematica reale si ebbe dal punto di vista del prodotto, che mostrò da subito tutta la difficoltà nel far combaciare due filosofie aziendali (e marchi) radicalmente diversi.

Il primo risultato della collaborazione fu la Chrysler-Lamborghini Portofino, concept car mostrata al Salone dell’Automobile di Francoforte proprio nel 1987. La proposta si pone come perfetta esemplificazione delle prime difficoltà di coesistenza delle due galassie imprenditoriali che però, in qualche modo, trovarono un punto di contatto: concettualmente abbiamo da una parte un prodotto in linea con lo storico spirito Chrysler, rappresentato dal segmento delle berline di lusso, dall’altra un progetto basato sull’innovazione tipologica, tema caro al marchio Lamborghini che ha sempre saputo interpretare in modo efficace negli anni precedenti l’acquisizione. 

Presentata come “la berlina da turismo a motore centrale definitiva” voleva simboleggiare l’acquisizione di Lamborghini da parte di Chrysler dimostrando le grandi possibilità che potevano scaturire dall’unione dei due marchi.

Innovativa e spiazzante

In termini di design, la Portofino era in realtà l’evoluzione di un precedente modello chiamato Chrysler Navajo, disegnato da Kevin Verduyn; questo rimase un modellino in clay non avendo riscosso grande successo tra i vertici Chrysler, ma il concetto di base che rifletteva sulla possibilità di reinterpretare in chiave più funzionale il concetto di berlina di alto livello, meritava un ulteriore approfondimento secondo il Vice Presidente Bob Lutz. Inoltre i tempi erano brevi per mostrare un’auto concepita completamente da zero, ed il Salone europeo era il perfetto ambiente nel quale esporre il nuovo avvicendamento aziendale.

La Chrysler-Lamborghini Portofino venne basata sul telaio allungato e ottimizzato della Lamborghini Jalpa per sfruttarne la posizione centrale-posteriore del motore (da buona eredità Lamborghini). 

Il volume dell’auto è caratterizzato da un profilo estremamente allungato e fluido determinato dall’innovativa impostazione “cab-forward”, ovvero ad abitacolo avanzato, che consentiva di massimizzare lo spazio nell’abitacolo; questa soluzione aprirà un nuovo paradigma che caratterizzerà molte delle berline statunitensi (e non solo) degli anni a venire. A questa nuova impostazione/forma contribuì anche la posizione al posteriore del motore e quella delle ruote posteriori, quasi a limite carrozzeria.

Per spingere ulteriormente il concetto di abitabilità evoluta nel campo delle berline, dove il lusso stava nella capacità di accogliere gli occupanti in spazi ariosi senza rinunciare alla giusta immagine di prodotto, la Portofino venne progettata senza il montante “B” (centrale) massimizzando l’ingresso nell’abitacolo adottando, da buona scuola Lamborghini, quattro portiere apribili verso l’alto. Scenografiche ma  funzionali.

Tra Chrysler e Lamborghini

L’esterno è ancora caratterizzato da elementi molto semplici, come i fari anteriori stondati a doppia altezza che definiscono un cofano molto basso e affilato (caratteristica presente in tutta la vettura dovuta ad un attento studio aerodinamico), dall’ampia superficie trasparente e continua voluta per ottenere una grande luminosità (all’interno della quale è ricavata la parte apribile dei finestrini anteriori), dalle maniglie nascoste nel telaio centrale delle portiere e dalla finitura in grigio del brancardo che snellisce ulteriormente il profilo, incorporando la presa d’aria per il motore. Al posteriore spicca il sottile fanale a tutta larghezza che comunica con le coppie di prese d’aria in uscita. Non meno evidente il grosso spoiler. Gli interni sono in pelle di tre diverse tonalità di blu, ma la novità più grossa è stata utilizzata nel gruppo volante-quadro degli strumenti orientabile a piacimento. La Chrysler-Lamborghini Portofino venne costruita dalla carrozzeria italiana Coggiola di Torino, che si occupò anche di allungare il telaio di ben 66 cm.

Il motore è il V8 da 3,5 litri da 255 CV della Jalpa, governati da un cambio manuale a cinque velocità che lavora sulle ruote posteriori. Già, la Portofino è un concept perfettamente funzionante, che arriva a 250 Km/h di velocità massima.

Ma se in Chrysler l’auto entusiasma tanto da paventarne la produzione, all’interno di Lamborghini non piacque, tanto che venne soprannominata la “grande patata”; troppo lontana dal carattere Lamborghini. Nonostante ciò la Portofino ha ottenuto diversi premi di design, ma non entrando direttamente in produzione. Circolò per strada, incappando in un incidente che la danneggiò pesantemente nel 1991 e Chrysler tenendo molto al progetto la restaurò immediatamente negli spazi museali del museo aziendale Chrysler ad Auburn Hills. Certamente si tratta di un progetto in qualche modo “divisivo” ma che, a buon titolo, è stato capace di entrare storia del car design.

Autore: Federico Signorelli

Redazione Autoappassionati.it

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