Bultaco Pursang: quando Paco Bultò incontrò i fratelli Rickman

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L’avvento del due tempi nel motocross segnò una svolta tecnica importante nel motocross classe 250 fin dalla fine degli anni ’50. Questa novità non passò inosservata nell’officina dei fratelli Don e Derek Rickman, corridori e già noti nell’ambiente per le loro Métisse, che univano una ciclistica speciale ai grossi monocilindrici quattro tempi di 500 cc per renderli più competitivi nel motocross.

Metisse
La Bultaco Pursang 250.

Già nel 1962, per correre nella classe 250, prepararono infatti una Métisse col motore Bultaco Sherpa S di 200 cc. Il telaio, a differenza dei robusti doppia culla per i motori di 500 cc era un semplice e leggero monoculla su cui erano però montati serbatoio e sella in vetroresina di forma simile a quella delle altre Métisse.

Con questa moto, tra il 1963 e il 1964 Don Rickman disputò una serie di gare nazionali e internazionali ottenendo risultati tali da indurre Francisco Bultò, fondatore della Bultaco e fortemente attratto dal mondo motociclistico anglosassone, ad affidare ai fratelli inglesi l’importazione delle sue moto e a chiedere loro di allestire una Bultaco da motocross basata sulla piccola Métisse.

Il motore Bultaco è un monocilindrico due tempi. Si noti la testa con l’alettatura radiale.

La nuova moto, battezzata subito Petite Métisse, portava sul serbatoio il marchio Bultaco, aveva il telaio a doppia culla, simile, con le dovute proporzioni, a quella delle grosse Métisse, adottava il motore di 250 cc col cambio a quattro rapporti e montava serbatoio e parafanghi in vetroresina di colore giallo pallido.

L’unione fa la forza, e i primi esemplari della Métisse Bultaco furono un successo. Per proseguire la collaborazione, i Rickman accettarono di cedere alla Bultaco i diritti per realizzare in Spagna delle fedeli copie delle loro moto, che la Casa spagnola battezzò Pursang Métisse. La versione spagnola si differenziava nel telaio, che pur mantenendo la geometria e le dimensioni dell’originale era costruito in tubi comuni d’acciaio, più pesanti e meno resistenti dei Reynolds.

Il carburatore Amal Monobloc.

Questioni di costo e anche di difficoltà di approvvigionamento, in un periodo in cui in Spagna vigeva una forte autarchia che limitava le importazioni. Il telaio perdeva anche la pregevole finitura nichelata, vero marchio di fabbrica dei Rickman, a favore di una più comune verniciatura grigia. A questa prima Pursang ne seguiranno numerose altre serie, ben dodici, sviluppate però direttamente dalla Casa spagnola, che nel frattempo aveva affinato le sue competenze sfruttando l’esperienza acquisita sui campi di gara di tutto il mondo.

La ciclistica era completata da una forcella Betor con steli da 35 millimetri, ammortizzatori Girling e freni a tamburo, l’anteriore centrale di diametro 160 millimetri, il posteriore laterale di diametro 140 millimetri. Il motore, accreditato di una trentina di cavalli, era alimentato da un carburatore Amal Monobloc e montava la testa con l’alettatura radiale, tipica dei motori Bultaco di quell’epoca. La moto aveva i numeri del telaio preceduti dal prefisso 11 e per questo, tra gli appassionati, questa Pursang è nota anche come modello ‘11’.

Prodotta fino al 1966 in un numero imprecisato di esemplari, la Pursang Métisse fu sostituita nel 1967 dalla Pursang Mk 2 che non aveva in pratica alcun legame col primo modello. Il telaio era monoculla, le sovrastrutture, sempre di vetroresina, avevano nuove forme più spigolose e il motore era più potente e col cambio a cinque rapporti. La moto che illustra queste note è stata fotografata nel 2008 in Spagna, durante le celebrazioni per il 50° anniversario della fondazione della Bultaco, avvenuta nel 1958.

La sospensione monta due ammortizzatori Girling. Il cerchio è un Akront di alluminio.

In Italia le pochissime Pursang Métisse ci arrivarono direttamente dai piloti che le acquistavano in Spagna. Tra questi va citato Emilio Ostorero, che nel 1966 vinse il campionato italiano con una moto simile a quella del servizio, iniziando così una collaborazione con la Casa spagnola che frutterà al pilota di Avigliana un altro titolo nella classe 250 nel 1970 oltre ad altri eccellenti piazzamenti sia nella classe 250 sia nella 500.

Franco Daudo

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Franco Daudo

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