Rischio beffa per chi chiede il bonus wallbox: trattandosi di un rimborso dello Stato su una spesa già effettuata, può darsi che l’automobilista resti a bocca asciutta. Questo si verifica se, al momento della domanda, il fondo sia in fase di esaurimento, con altri consumatori che hanno già inserito la pratica nel sito web specifico ottenendo la precedenza per l’ordine cronologico.
Il problema potrebbe essere eliminato facilmente: sarebbe sufficiente evidenziare le risorse residue nella pagina web specifica del ministero delle Imprese. Conto alla rovescia invece che non è previsto per gli incentivi a favore di chi compra la stazione domestica di ricarica dell’auto elettrica. L’unico servizio offerto è che il sito mette in risalto la fine dei fondi.
Probabile una corsa al bonus wallbox, partita l’8 luglio 2024, considerando anche il boom delle vendite di auto elettriche a giugno, con gli ecoincentivi statali per le vetture con zero emissioni bruciati in otto ore e mezzo. A disposizione 20 milioni di euro con un contributo pari all’80% del prezzo di acquisto e posa delle infrastrutture, e limite massimo di 1.500 euro per gli utenti privati (fino a 8.000 euro in caso di installazione sulle parti comuni degli edifici condominiali). Immaginando 1.000 euro di rimborso medio, si giunge appena a 20.000 consumatori soddisfatti. Davvero pochi.
È opportuno non confondersi con l’altro bonus, quello a beneficio di chi acquista una qualsiasi vettura a basso impatto inquinante. La prima differenza è che il ministero dello Sviluppo economico evidenzia i fondi residui per le varie fasce: macchine elettriche, ibride plug-in, termiche. La seconda è che il cliente non può ricevere delusioni, in quanto è uno sconto immediato, alla fonte, sul veicolo: in assenza di residuo, si ha diritto a stracciare il contratto di acquisto.
Autore: Mr. Limone
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